venerdì 30 novembre 2007

PIET

Oggi mentre camminavo per andare al lavoro, un uomo camminava in mezzo alla strada.
All'inizio non lo avevo notato ma poi mi sono girata, ho allargato gli occhi ed ho detto: che cazzo fa quel coglione in mezzo alla strada?
Con le parolacce nell'esatta posizione in cui le ho scritte.
E un signore che mi passava accanto mi ha guardato con aria stranita come se volesse dire: dio, ragazzina, hai usato cazzo e coglione nella stessa frase?
L'uomo, aveva una giacca sporca, bucata e dei guanti che pendevano dalle mani, aveva delle braccia che sembravano lunghe mentri. E camminava dritto sulla striscia bianca che divide le corsie mentre macchine e motorini gli sfrecciavano accanto. Poi si è messo le mani con i guanti penzolanti sulle orecchie e sembrava stesse per sedersi sulla strada ma una macchina lo ha urtato. E lui è caduto. Per terra, sulla striscia bianca che lo stava portando chissà dove. E io non l'ho più visto, perchè le macchine lo coprivano e qualsiasi rumore era coperto dal suono dei clacson schiacciati di fretta e con forza dalla classe lavoratrice di questo paese. Inutile pressione per un inutile suono che riempe uno spazio già troppo occupato.
L'uomo si è alzato, stordito e chi lo aveva colpito non è nemmeno sceso dalla macchina ma ha aspettato il semaforo verde ed è ripartito verso la sua vita. Un altro uomo si è precipitato per aiutare quella persona persa senza la sua striscia bianca da seguire, accasciata a terra con lo sguardo rivolto al vuoto e lo ha fatto sedere sul marciapiede. Lui si è porato le mani lunghe sulle orecchie ed ha cominciato a muoverle avanti e indietro e poi si è rialzato di scatto ed è corso verso l'entrata della metropolitana ed è scappato per le scale.

Io, pietrificata, sull'altro lato della strada, ho pensato a cosa mi avesse trattenuto quando l'ho visto in mezzo alle macchine mentre un piede è andato in avanti per correre verso di lui e spingerlo via e invece sono rimasta immobile con un piede più pesante dell'altro. Ancorata su una strada che chissà quante ne ha viste di queste scene, di gente che va avanti o che non ce la fa a togliersi da quelle strisce bianche disegnate per tutti.
Una donna inginocchiata per terra aveva un cartello di cartone che diceva. 3 figli niente soldi niente casa.
Accanto la foto avvolta in un foglio di plastica.
Ha fatto un verso di disgusto mentre insieme assistevamo alla scena.

Quando sono entrata in ufficio la mia collega discuteva delle porte della sua nuova casa, ho pensato che fosse inutile come il suono di quelle macchine, ma più assordante, più penetrante, più sconvolgente.

5 Commenti:

Alle dicembre 01, 2007 2:02 AM , Anonymous Anonimo ha detto...

Questo post mi ha fatto l'effetto di un pugno nello stomaco... a volte mi schifo da solo per tutto ciò che ho, per quanto so essere consumista, nei momenti peggiori mi sento persino come Mazzarò... e per un breve istante di lucida follia mi dico che è molto meglio spesa una vita trascorsa ad aiutare gli altri, non tanto con l'elemosina (che è un gesto sbagliato, Yunus lo insegna) ma con l'amore, che dopotutto è davvero il primo motore del mondo.
Invidio e stimo quei miei amici (pochi, pochissimi) che vanno a fare le ronde per portare cibo e coperte ai barboni, e che magari stanno lì con loro a offrirgli un sorriso e qualcuno con cui parlare. Si fanno raccontare la loro storia, offrono loro un po' del proprio tempo per farli sentire meglio.

Perché io non ci riesco? Perché resto ancorato a questo pc, allo studio, al teatro, a tutte le cose belle che ci sono nella mia vita senza preoccuparmi di chi sta peggio? Sto proprio male quando ci penso, ma poi di fatto non faccio nulla per cambiare. Ecco perché mi schifo un po'.

Perdonatemi lo sfogo, davvero, ma questo post ha toccato un tasto scoperto.

L.

 
Alle dicembre 01, 2007 10:50 AM , Anonymous Anonimo ha detto...

ma il titolo cosa vuol dire?

 
Alle dicembre 01, 2007 9:24 PM , Anonymous Anonimo ha detto...

da quando i miei personaggi cercano di rubarmi il mestiere?

 
Alle dicembre 02, 2007 7:20 PM , Anonymous Anonimo ha detto...

Credo sia un disagio che più o meno provano tutti almeno una volta. E' solo avere un piede più pesante che ti tiene ancorato a quella strada, che sia una strada vera o una situazione comoda che nulla ti spinge a cambiare poco importa.

Sean scommetto che se metti il titolo in google lo capisci da solo.

Per finire, chi sei bret?
Spero uno che si merita di usare un nickname letterario così importante che non a caso non era ancora stato dato a nessuno.

 
Alle dicembre 02, 2007 9:58 PM , Blogger lauren hynde ha detto...

l'immobilismo, il desiderio di non cambiare, fa molto ellis. al massimo scambiare. lo trovo lecito, caro van patten, al netto di qualsiasi rimorso sociale.
piet come mondrian, come pietrificatò, come pietà [dietro suggerimento, sennò il collegamento non lo facevo, da sola].
questo post è molto bello.
letterariamente, molto molto bello.
credo intendesse questo, il carissimo bret.
che spero sia qualcuno che ha un'idea di cosa significa essere Lui, qua dentro.
ci manca solo che venga a lasciare la sua opinione l'esimio Bateman Senior, poi siamo a cavallo.
aiut.

 

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