domenica 18 febbraio 2007

CLAY DI RITORNO DALLA SUA NUOVA VITA

Sei tornato dall'Inghilterra.
Con lo stesso gelo che probabilmente hai respirato in questi mesi.
Veniamo a prenderti all'aeroporto e dopo un abbraccio leggero mi porgi un pacchetto.
Tè inglese.
Quattro anni di vita insieme e nemmeno ti ricordi che non mi piace il tè?
Chi sei? Da dove vieni? Non ho un ricordo passato che non sia legato alla tua presenza e ora ho un presente con uno che ti assomiglia ma nemmeno così tanto. Più magro, più vecchio, più bianco e a tratti più felice. Quella felicità che nessuno è riuscito a tirarti fuori gli ultimi mesi della nostra vita nella stessa casa.
L'altro mio amico, quello un pò pazzo, dice: "tè?"
E io dico: "grazie."
Porre silenzio ed educazione sullo stupore altrui. Così se non ci pensi non sembrerà nemmeno vero.
Andiamo a cena. Tutti insieme. Fintamente allegri e felici. Che bello che sei tornato. Ma chi sei?
Diresti: "ma tu, dove sei?"
Ma non lo dici, perchè ci pensa Sean a dirlo e tu rispondi: "qui, sono qui."
E butti giù il quinto bicchiere di vino.
Quel vino te lo avrei buttato in faccia solo per vedere se si colorava di rosso, solo per sapere se eri qui. Oppure sarebbe finita come in uno di quei film horror, pieni di presenze, in cui qualcuno cammina insanguinato ma nessuno lo vede, in cui la gente non reagisce a quello che succede solo perchè non è mai accaduto veramente. Io quel bicchiere nella mia testa te l'ho tirato, ma tu hai continuato ad essere altrove con la faccia sporca di rosso e le gocce che colano ai lati. Solo per dire: "non reagisco, perchè in realtà non ci sono."
Dove sei?
Sono in un posto in cui mi sento a disagio. Avresti risposto a chisoio se ti avesse chiamato in quel momento.
Infatti chiama e ti alzi ed esci, sicuro solo per dire quella parola.
Allora noi perchè siamo a questa cena orrenda?
Sean dice: "vediamo di fare il più in fretta possibile che gli serve una notte per dormire e poi domani torna lui. Sicuro."
Bello avere certezze che non ci sono.
Le voglio anche io.
Sei lontano e lo capiamo dalle piccole, piccolissime cose. Hai chiesto tre caffè e noi non beviamo mai caffè di sera, lo sapevi un tempo.
Quando andiamo alla cassa, per pagare, apri il portafogli. E' ordinato come non lo tenevi prima. Guardi con faccia allucinata il contenuto ed in imbarazzo dici: "non ho nemmeno un euro."
Certo, perchè ora non vivi più qui e anche i soldi con cui compri le cose sono diversi.
Siamo lontani.
Talmente tanto che dovremmo tornare all'uso del baratto, perchè non abbiamo la stessa moneta, non parliamo la stessa lingua, non respiriamo la stessa aria.
Poi ti avvicini alla macchina dalla parte del guidatore e Sean ti fa un cenno. Gira dall'altra parte.
Posso andare avanti all'infinito a descrivere tutti quei piccoli momenti in cui ti ho sentito lontano e anche quelli, prima del tuo ennesimo ritorno, in cui lo sapevo che sarebbe finita così.
Come la sera in cui hai detto: "vado via."
E io ti ho chiesto: "quando torni?"
E la risposta non è mai arrivata. Zittita da un abbraccio umido in una cucina che ora vede mangiare altre persone.
Poi al mattino, in macchina, in viaggio verso Victor, mi hai detto: "mi dispiace averti portato il tè, non sapevo cosa prendere."
E ho fatto crack.
Se fosse stato un film ci sarebbe stata una telecamera ad inquadrare i miei occhi lucidi riflessi nello specchietto laterale. Sporco ed impolverato per dare quel senso di opaco ed evanescente che hanno i pensieri delle persone. Riflessi in rivoli vuoti lasciati dalla pioggia che ha fatto la stessa strada dei miei occhi.
E invece c'era una canzone rumorosa alla radio e il casellante che chiedeva i soldi.
Apre la sbarra che porta all'ingresso di un'altra città, ad un'altra persona che ormai è lontana come sei lontano tu.

Arrivederci
E' stato bello
Mi sbagliavo
Ti sbagliavi
Era poco più di niente

E poi
La moda passerà
Cognac
E posacenere
Voilà

Un’altra libertà

2 Commenti:

Alle febbraio 19, 2007 12:30 AM , Blogger lauren hynde ha detto...

è un post alla seconda persona singolare. ed è molto doloroso.
mi dispiace. mi verrebbe da dire la sagra delle banalità. e pensare che ero venuta per scrivere della festa finocchia di venerdì. poi ti trovo
tac,
la disfatta di Chloe.
E' come quando finsicono i rapporti, nè più nè meno.
Devi tornare al punto di minima.
Siamo tutti clichè di quello che proponiamo, e facciamo in modo che agli altri arrivi quello che più piace . ma sempre al punto di minimo si torna.
così ho imparato da qualcuno.
Quando però non ci si preoccupa più di far arrivare agli altri quello che desiderano o peggio si smette di farlo accontentandosi del punto di minima, la dicotomia della casistica si sviluppa così:
1. quelli che TI DANNO PER SCONTATA, TU E TUTTO IL MONDO CIRCOSTANTE , perchè presi da altre cose
2. quelli che vanno lasciati andare, tanto , e lo dico con rassegnata coscienza, tornano tutti. amanti fidanztai fratelli amici fraterni amici di coscia amici di infanzia amici di amici. tutti. devono solo sbatter eil musino da soli.
in entrambi i casi, non c'è granchè da preoccuparsi.

è temporaneo. non lo perdi, clay, non si perdono tutti quegli anni,
ci vuole solo tempo.

ti abbraccio tanto.

 
Alle febbraio 19, 2007 8:34 PM , Blogger chloe byrnes ha detto...

Tanto finisce che la stronza sono io che non gli corro incontro per dire: fantastico che tu sia qui!
Perchè poi in Inghilterra ci sei andata anche tu per 4 mesi e quando sei tornata non ero mica più la stessa.
Te l'ho detto si costituiscono a comunità maschile fregandomi e dicendo che sono troppo emotiva.
Emotiva io, poi.
Si tornerà al punto di minima e si aspetterà il tempo che c'è da attendere.
Non sono così convinta del ritorno però poco importa.

 

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