sabato 16 giugno 2007

DOMINO

Stavo seduta sul marciapiede e lui si è avvicinato chiedendomi se stavo bene.
- Ho una cosa nell'occhio, - ho detto grattandomi l'occhio come faccio spesso.
O metto le braccia conserte o mi gratto gli occhi se superi una certa distanza, se sei dentro quel cerchio che mi circonda con un metro di diametro.
Mi ha messo una mano sulla faccia, ha spinto la pelle della mia guancia verso il basso per vedere cosa avevo nell'occhio.
Mi ha detto: - non vedo nulla, ma mi sa che è meglio se ti siedi.
Mi sono seduta di nuovo sul marciapiede.
Chissà cos'ha pensato quando mi ha visto entrare con il motorino nella vietta a senso unico, sbandando. Quando ho mollato il motorino, praticamente ancora accesso sull'asfalto per sedermi sul marciapiede e appoggiare la testa fra le ginocchia.
- Ho pensato che stavi male, - ha detto, dopo. Dopo che quel coso era uscito dal mio occhio.
Ha iniziato a piovere mentre ero seduta di nuovo sul marciapiede con un moscerino bello grosso che premeva sul mio occhio.
- Mi sa che non è la tua giornata fortunata.
E si è seduto accanto a me. Mi ha chiesto se stavo meglio e se volevo un passaggio per tornare a casa. Io pensavo solo al moscerino che non vedevo più ma che sapevo essere dentro al mio occhio e pensavo che probabilmente ora era arrivato al cuore o giù di lì. Perché si era sicuramente infilato in qualche conduttore e a pensarci siamo solo un ammasso di conduttori. Per la gravità era finito verso il basso, spinto da quel milione di piastrine e globuli che ci viaggiano dentro. E ora, arrivato al mio cuore, il moscerino avrebbe smesso di farmi vivere. Mi avrebbero portato in ospedale per dirmi, che : - mi spiace, non c'è più nulla da fare.
Il moscerino avrebbe preso la mia vita, insinuandosi nel mio corpo, come i cattivi pensieri, come le cose brutte che ti si scolpiscono addosso.
Allora avrei pianto per farlo uscire dall'occhio ma lui sarebbe rimasto nel cuore e avrebbe gioito quando si sarebbe fermato tutto, quando quei milioni di piastrine e di vasi sanguinei avrebbero cessato di scorrere e di far scorrere. All'ultimo battito sarebbe uscito e avrebbe ripreso a volare per andare a schiantarsi sull'occhio di qualcun'altro.
Lui mi ha chiesto se mi faceva male e l'unica parola che avevo in testa era necrosi.
Io ho detto: - è solo un moscerino ma chissà dov'è ora.
- Magari è uscito ma non l'hai visto.
- No, è ancora lì, lo sento.
E così mi ha detto che dovevo piangere per farlo uscire.
- Se piangi vedrai che esce.
Come si fa a piangere? Per far uscire un moscerino che ti farà morire tra pochi mesi?
Lo ha detto seriamente credo e intanto si è acceso una sigaretta.
Mi ha detto: - guarda mi spiace non so che fare, prova a piangere, vedrai che esce.
Così ho pensato a quando, ormai in coma, mi avrebbero tolto l'occhio per vedere se il moscerino era ancora lì e non lo avrebbero trovato. Allora mi avrebbero tolto il cuore, perché sicuramente come tutte le cose cattive si trovava lì.
E ho cercato di piangere. Ma non ci riuscivo. Mi sono messa un dito nell'occhio, un po’ apposta un pò senza volerlo, per far uscire le lacrime.
E il moscerino che era finito praticamente dietro l'occhio è sceso al secondo battito di ciglia. E lui ha detto: - Ah sì, lo vedo, stai ferma.
E mi ha messo un dito nell'occhio per toglierlo e poi mi ha dato un fazzoletto.
- Meno male, - ha sospirato, - fortuna che è uscito, chissà se restava lì.
Sarebbe potuto arrivare al cuore.
Mi ha salutato dicendo: - vabbè vado, stai bene e non ti impressionare, è solo un insetto, lo sfortunato è lui che è morto.
E ho pensato al suo di cuore. Al cuore dell'insetto che si era fermato a contatto con il mio occhio, quando stava semplicemente andando a fare chissà cosa e io gli sono andata addosso.
Quando si è trovato in un mare umido pieno di luce rossa. Deve essere così essere tra l'occhio e la palpebra, imprigionati in un mare che seguita a scorrere e a diventare sempre più grande e con un sacco di roba rossa intorno.
Al mio, di cuore, non ci deve nemmeno aver pensato, visto che deve essere morto subito.
Chissà che animale era quello che mi è entrato dentro.
Chissà come si chiamava il ragazzo che si è fermato per vedere se stavo bene e che è rimasto lì fino a quando non è riuscito a tirarmi fuori il povero moscerino dall'occhio.
Non lo rivedrò mai più, il moscerino sicuramente. Ora è spiaccicato su un fazzoletto chissà dove.
Ora magari per il gioco delle connessioni il ragazzo racconta di questa cosa, di aver incontrato una con un moscerino nell'occhio.
Per il gioco delle connessioni lui è in Umbria su un cavallo e io sono su un gasometro a vedere che cosa guarda tutti i giorni.

Come suo fratello, Aldous Huxley era un ottimista. La mutazione metafisica che ha creato materialismo e scienza moderna ha avuto due grandi conseguenze: il razionalismo e l’individualismo. L’errore di Huxley è stato quello di non aver valutato adeguatamente il rapporto di forza tra queste due conseguenze. In dettaglio, il suo errore sta nell’aver sottovalutato l’aumento di individualismo prodotto da una incrementata coscienza della morte. Dall’individualismo nascono la libertà, il senso dell’io, il bisogno di distinguersi e di essere superiori al prossimo. In una società razionale com’è quella descritta da Il mondo nuovo, lo scontro può essere attenuato. In una società ricca dove i flussi economici siano sotto controllo, la competizione economica, metafora del dominio dello spazio, non ha più ragione di esistere. La competizione sessuale, metafora, tramite la procreazione, del dominio del tempo, non ha più ragione di esistere in una società dove la dissociazione sesso/procreazione sia perfettamente realizzata; ma Huxley ha dimenticato di tener conto dell’individualismo. Non ha saputo capire che il sesso, una volta dissociato dalla procreazione, sussiste meno come principio di piacere che come principio di differenziazione narcisista; lo stesso dicasi del desiderio di ricchezza. Perché mai il modello della socialdemocrazia svedese non è mai riuscito a prevalere sul modello liberale? Perché mai non si è riusciti a sperimentarlo neppure nel campo della soddisfazione sessuale? Perché la mutazione metafisica operata dalla scienza moderna si porta dietro l’individualismo, la vanità, l’odio e il desiderio. Di per sé il desiderio – contrariamente al piacere – è fonte di sofferenza, di odio e di infelicità. E , questo, tutti i filosofi – non solo i buddisti, non solo i cristiani, ma tutti i filosofi degni di questo nome – l’hanno capito e insegnato. La soluzione degli utopisti – da Platone a Huxley passando per Fourier – consiste nell’annientare il desiderio, e le sofferenze connesse, organizzandone l’immediata soddisfazione. All’opposto, la società erotico-pubblicitaria in cui viviamo si accanisce a organizzare il desiderio, a svilupparlo fino a dimensioni inaudite, al tempo stesso controllandone la soddisfazione nel campo della sfera privata. Affinché la suddetta sociètà funzioni, affinché la competizione continui, occorre che il desiderio cresca, si allarghi e divori la vita degli uomini.

3 Commenti:

Alle giugno 16, 2007 11:18 AM , Blogger lauren hynde ha detto...

ci sono i bompiani in offerta,ndR, per chi avesse riguardo l'autore della citazione.

per il resto , che ti dico?
è bellissimo,
appena torno intelligente un pelo , vengo a dire cose interessanti.
ora sto qui e mi rallegro della tua "adeguatezza lessicale", sempre per il gioco delle connessioni.

E comunque,
sei riuscita a dribblare et evadere la domanda incombente.
Quella che riguarda la domanda che mi hai fatto ieri, alla quale ho risposto prosaicamente esattamente come sean.

 
Alle giugno 16, 2007 12:02 PM , Anonymous Anonimo ha detto...

eh ma che bel post!

 
Alle giugno 16, 2007 12:58 PM , Blogger chloe byrnes ha detto...

grazie.
Non si dica comunque che io evado gli argomenti di cui non voglio parlare.
Magari quella risposta si trova nel cerchio con il metro di diametro, il che vuol dire che da lì non esce per essere messa qui.

 

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