martedì 19 giugno 2007

Lauren se ne va

Voi, uomini! Voi, mostri!
Voi , mostri di nome Hans! Questo nome che non riesco a dimenticare.
Ogni volta che attraversavo la radura e i cespugli si aprivano , quando i rami mi frustavano via l'acqua dalle braccia, le foglie mi leccavano le gocce dai capelli, mi imbattevo in uno ceh si chiamava Hans.
Sì, questa logica l'ho imparata, che uno di voi deve chiamarsi Hans, che tutti senza eccezione vi chiamate così , tutti, ma in realtà uno solo. E' sempre uno solo che porta questo nome, è uno solo che non riesco a dimenticare, anche se vi dimentico tutti, se vi dimentico nel modo più assoluto e totle , così come vi ho amati di un amore totale.
[...]
Tutte queste parole non ci saranno più e forse vi dirò perché. Visto che conoscete tutte le domande che iniziano tutte con «Perché?».
Non ci sono domande nella mia vita. Amo l’acqua, la sua densa trasparenza, il verde nell’acqua e le mute creature (muta sarò presto anch’io), e i miei capelli tra quelle, nell’acqua, nell’imparziale acqua, nell’indifferente specchio che mi impedisce di vedervi altrimenti.+L’umida barriera tra me e me…
Non ho avuto figli da voi, perché non conoscevo domande né pretese né cautele, non avevo mire, non conoscevo il futuro e non sapevo come si fa a prendere posto in un’altra vita. Non avevo bisogno di essere mantenuta, non pretendevo dichiarazioni o promesse solenni, solo aria, aria notturna, aria costiera, aria di confine, per poter ogni volta riprendere fiato per nuove parole , nuovi baci, per una confessione senza fine: Sì.sì.
Dopo aver reso la mia confessione,ero condannata ad amare; quando un bel giorno mi liberavo dell’amore ero costretta a ritornare nell’acqua, nell’elemento dove nessuno si prepara un nido, si costruisce un tetto sopra le travi, si rifugia sotto un telone.
Non essere in nessun luogo, in nessun luogo restare.
Tuffarsi, riposare, muoversi senza spreco di forze – e un giorno ricordare, riemergere, attraversare una radura, vedere lui e dire
«Hans».
Incominciare dall’inizio.
«Buona sera».
«Buona sera».
«Abiti lontano?».
«Lontano, abito lontano».
«Anch’io abito lontano».
Ripetere sempre lo stesso errore, l’unico a cui si è predestinati.
E a che serve allora essere stata lavata da tutte le acque, dalle acque del Danubio e del Reno, da quelle del Tevere e del Nilo, dalle acque chiare dei mari glaciali dalle acque d’inchiostro al largo dei mari e da quelle dei magici stagni?
Le donne violente della specie umana affilano le loro lingue e mandano lampi con gli occhi, le donne miti della specie umana versano un paio di lacrime in silenzio che pure fanno il loro effetto. Ma gli uomini assistono tacendo.
Passano amorevolmente la mano sui capelli delle loro spose e dei loro bambini, aprono il giornale, controllano i conti o accendono la radio a gran volume, ma intanto odono il suono della conchiglia, la fanfara del vento, e poi una volta ancora, più tardi, quando nelle case è buio, s’alzano dal letto di nascosto, aprono la porta e tendono l’orecchio scendendo lungo il corridoio in giardino, già per i viali, e ora l’odono distintamente: la nota di dolore, il grido lontanissimo, la musica spettrale. Vieni!Vieni! Una volta sola, vieni!Voi mostri con le vostre donne!
[...]
Voi che delle donne fate le vostre amanti e le vostre mogli, le trasformate in donne per un giorno, in donne per un weeked, in donne per tutta la vita, e lasciate che esse facciano di voi i loro uomini.(Questo forse vi scuoterà dal vostro torpore!).
Voi, con la vostra gelosia nei confronti delle vostre donne con la vostra arrogante indulgenza e la vostra tirannia con quel vostro cercar protezione presso le vostre mogli, voi, con il vostro denaro per le spese di casa e le vostre quattro chiacchere prima della buonanotte, tutti questi conforti, il voler aver ragione contro il mondo, voi,con i vostri abbracci goffamente esperti, i vostri abbracci goffamente sbadati.[...]
Voi con le vostre Muse e bestie da soma, con le vostre compagne istruite, comprensive, cui date il permesso di parlare…
A lungo le mie risa hanno smosso le acque, risa gorgoglianti cui talvolta avete fatto eco nella notte con spavento.
Poichè l’avete sempre saputo che la cosa faceva ridere e nello stesso tempo incuteva spavento, sapevate di bastare a voi stessi e di non essere mai stati d’accordo.
Perciò è meglio non alzarsi di notte non scendere lungo il corridoio non fermarsi e tendere l’orecchio in cortile o in giardino poiché sarebbe ammettere che più d’ogni altra cosa è seducente una nota di dolore, quel suono, quella tentazione e che lo si desidera, il grande tradimento.
Mai siete stati d’accordo con voi stessi, mai con le vostre case, con tutto ciò che è sancito. Per ogni tegola che si staccava, per ogni crollo che si annunciava, provavate una gioia segreta.
Vi piaceva giocare con l’idea di un insuccesso di una fuga di un’onta e della solitudine che vi avrebbe salvati da tutto l’esistente. Troppo vi piaceva giocare con questi pensieri.
Quando giungevo io, quando un soffio di vento mi annunciava, balzavate su e sapevate che l’ora era vicina, vicina l’onta, il bando, la perdizione, l’incomprensibile.
Il richiamo della fine.
Della fine.
Voi mostri per questo vi ho amati, perché sapevate che cosa significa quel richiamo, perché vi lasciavate chiamare, perché non eravate d’accordo con voi stessi.E io quando mai sono stata d’accordo?
Quando eravate soli, completamente soli e quando i vostri pensieri non pensavano più nulla di utile, nulla di utilizzabile, quando la lampada ardeva nella stanza, quando ad un tratto appariva la radura, quando l’ambiente era umido e pieno di fumo, quando ve ne stavate lì, perduti, perduti per sempre,perduti per aver visto chiaro, allora era il mio momento.
Potevo entrare con lo sguardo che sollecita:Pensa! Sii! Dillo!
Io non vi ho mai capito,mentre vi sapevate capiti da chiunque altro.
Ho detto:Non ti capisco, non capisco, non riesco a capire.
[...]
Né le vostre mogli malate per la vostra presenza, né i vostri figli condannati da voi ad avere un futuro; hanno saputo insegnarvi la morte, ve l’hanno solo fatta assaggiare un poco alla volta.
Mentre io ve l'ho insegnata con uno sguardo, quando tutto era perfetto, luminoso, e delirante, io vi ho detto:
Lì sotto c’è la morte.
E poi:
E ora scade il tempo.
E simultaneamente:
Vattene, morte!
E:
Fermati, tempo!
Questo vi ho detto. E tu mio amato, parlavi con voce più pacata e completamente veritiero e in salvo, libero da ogni impedimento, hai rivelato il tuo spirito triste e grande come lo spirito di tutti gli uomini, un genere di spirito che non è destinato ad alcun uso.
Poiché io non sono destinata ad alcun uso e voi sapevate di non essere destinati ad alcun uso, tutto andava bene tra noi.Ci amavamo. Eravamo fatti dello stesso spirito.Ho conosciuto un altro uomo che si chiamava Hans ed era diverso da tutti gli altri. Ne ho conosciuto un altro e anche lui era diverso da tutti gli altri.Poi un altro ancora, che era diversissimo da tutti gli altri e si chiamava Hans; io l’ho amato. Lo incontrai nella radura e ce ne andammo così, senza meta era nella campagna danubiana, lui mi portò sulla ruota gigante, era nella Foresta Nera e sotto ai platani dei grandi boulevard lui bevve pernod con me. L’ho amato.Eravamo a una stazione del Nord e il treno partiva prima della mezzanotte. Non feci cenni di saluto con la mano.Feci un cenno che significava fine. Quella fine che non trova fine. Non ha mai avuto fine. E’ un segno che va fatto tranquillamente. Non è un segno triste non vela di nero le stazioni e le grandi strade, molto meno del cenno indagatore di saluto che segna la fine di tante cose.
Vattene, morte e fermati, tempo.
Non servirsi di incantesimi, né di lacrime né di mani che s’avvinghiano,né di giuramenti, né d’implorazioni,. Niente di tutto questo.
La regola è : confidare che gli occhi bastino agli occhi, che basti un solo verde, che basti la cosa più lieve. Ubbidire così alla legge e mai al sentimento.Ubbidire così alla solitudine.Solitudine nella quale nessuno mi segue.Lo capisci, non è vero? Io non dividerò mai la tua solitudine, perché già esiste la mia, molto più antica, ben più duratura.Non sono fatta per dividere le vostre preoccupazioni.Non queste preoccupazioni !
E come potrei riconoscerne l’esistenza senza tradire la mia legge?Come potrei credere all’importanza delle vostre intricate vicende?Come credervi, finchè vi credo veramente , finchè continuo a essere profondamente convinta che valete di più delle vostre scialbe e tronfie dichiarazioni, delle vostre azioni squallide, dei vostri assurdi sospetti.Ho sempre creduto che voi foste qualcosa di più, cavalieri, idoli, non lontani da un’anima, degni dei più grandi nomi regali.Quando ti veniva più in mente nulla riguardo alla tua vita, allora parlavi dicendo il vero, ma solo allora. Allora tutte le acque inondavano le rive, si gonfiavano i fiumi, subito le ninfee fiorivano e annegavano a centinaia e il mare era un possente gemito, e batteva batteva correva e rotolava contro la terra, traboccando dalle sue labbra candida schiuma.Traditori!
Quando non sapevate più come trarvi d’impaccio ricorrevate alla denigrazione.
Allora sapevate che cosa v’insospettiva in me, l’acqua, il velo, il mio essere inafferrabile.
Allora di colpo io diventavo un pericolo che avevate scoperto ancora in tempo e venivo maledetta, e voi vi pentivate di tutto in un baleno.
Ve ne siete pentiti sui banchi delle chiese, davanti alle vostre mogli, ai vostri figli, davanti alla pubblica opinione.Davanti alle vostre alte, altissime autorità avete avuto il coraggio di rinnegarmi e di rinsaldare tutto ciò che in voi era diventato incerto.
Eravate al sicuro. Avete fatto presto a erigere gli altari e a sacrificarmi. Era buono il mio sangue? Non sapeva un po’ del sangue di cerbiatta e del sangue della balena bianca? Non sapeva del loro essere mute? Beati voi! Siete molto amati e molto vi viene perdonato.Ma non dimenticate che siete stati voi a chiamarmi nel mondo, che voi avete sognato di me, l’altra, il diverso, il vostro spirito e non la vostra sembianza, la sconosciuta, che ai vostri matrimoni intona il lamento, giunge coi piedi bagnati e del cui bacio temete di morire come voi vorreste morire, ma non morrete mai più:nell’assenza di ogni ordine, nell’estasi e nel possesso della ragione più alta.
[...]
Avete inventato tutti i giochi possibili, giochi di numeri, giochi di parole, giochi di sogno e giochi d’amore.
Mai nessuno ha parlato così di se stesso.
Quasi vero.Quasi mortalmente vero.
Chino sull’acqua, quasi arreso.
Il mondo è già immerso nelle tenebre e io non riesco a mettermi la collana di conchiglie.
Non ci sarà più radura.
Tu diverso dagli altri.
Sono sott’acqua.
Sott’acqua.
E lassù passa uno che odia l’acqua e odia il verde e non capisce, non capirà mai
Così come io non ho mai capito.
Ormai quasi muta
quasi sentendo
ancora il richiamo
Vieni.
Una volta sola
Vieni.


Undine geht, di Ingeborg Bachmann [Ondina se ne va]
Se ne va anche Lauren, vicino al mare sta meglio, ormai lo sapete. Due giorni a cercar di non pensare a chi torna dopo 5 anni, dicendo cose che non dovrebbe dire ed esprimendo desideri che , a 30 anni suonati, dovrebbe stare ben attento a dire ad alta voce, pena il timore di poterli vedere esauditi. e doverne temere i risultati.
State bene, almeno voi.


2 Commenti:

Alle giugno 21, 2007 8:26 AM , Blogger chloe byrnes ha detto...

Che melodramma.
Tanto non esistono solo Hans.
Convinciamoci.

 
Alle giugno 22, 2007 11:44 AM , Blogger lauren hynde ha detto...

Ne devo evincere che non ti piace la Ingeborg? Il trentesimo anno è un libro fantastico, ad esempio.
E tutto questo mi serviva per poter dare un nome -letterario of course- all'ex del mare che dopo un buon agile quinquennio riappare e scompare.
Per cui, Hans non si è fatto vedere, in compenso Paul ha stressato il cazzo con i suoi messaggi per un giorno e mezzo.
Poi dice "Lauren, ma hai un sacco di capelli bianchi."
Eh.
CHissà come mai.

 

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