sabato 27 ottobre 2007

"E TUTTO IL RESTO E' INUTILE"

Leggo con attenzione Vanity Fair e mi imbatto in una piccola intervista a Guido Bagatta. Ho poco presente chi sia in realtà ma la foto con sorriso ammiccante me lo ricorda. Ricordo che ha pure quella voce fastidiosa da saccente un po’ borghese, che sembra che il tono vocale gli resti chiuso in gola.
Promuove il suo libro che si chiama La mia vita bassa, e dopo aver sottolineato che il titolo si riferisce ovviamente alla vita bassa dei jeans e non a niente altro all’ultima domanda, ha in programma un terzo libro?, il genio risponde nel seguente modo:
- Sì, intanto scriverò un giallo da ombrellone ma non so ancora se ispirarmi a Jessica Fletcher o ad American Psycho.
Non so quale parte di questa frase mi abbia infastidito di più sul momento. Se il fatto che non sappia a chi ispirarsi oppure perché la scelta cada tra Jessica Fletcher e le avventure di Mr Bateman, come se avessero qualcosa in comune.
Oppure perché per scrivere un giallo da ombrellone (definizione quanto mai disgustosa) abbia preso in cosiderazione proprio American Psycho.
Per il resto non si danno giudizi aprioristici sui libri che non si sono letti e tantomeno sugli scrittori che non si conoscono e magari Guido Bagatta è semplicemente un grande scrittore che ha detto una stronzata.
Cinquantenni che scrivono di quindicenni a parte, ho un nuovo lavoro da novembre. Meglio, perché le mie capacità matematiche e logiche per il precedente sembrano andare ad affievolirsi a poco a poco.
Ieri sera sono andata alla prima lezione di spagnolo. Ho imparato a presentarmi e a salutare. Così la prossima volta che vado in Spagna saprò dire le frasi giuste senza inventarmi improbabili vocaboli. E poi è una specie di terapia per tutte le volte che ho sentito parlare Victor in spagnolo.
Mia madre ha detto. - forse il nuovo lavoro è la migliore terapia.
- terapia per cosa?
- per te.
Io. Omnicomprensiva di tutti i miei aspetti. Il problema sono io e basta, completamente . Tutta io da disfare e rimontare a piacimento di comportamenti e regole che non sopporto.
Chissà cosa dirà lo strizza quando gli dirò che ci restano solo due appuntamenti. Se sono grave mi mette il sabato mattina. Un volta l'ho sentito parlare con la sua assistente e lei ha detto: -il signor x non può più venire il mercoledì.
E lui ha risposto: - mettilo tra quelli gravi del sabato mattina.
Forse perchè di sabato la gente impazzisce di più, perchè sarà come nelle feste. Il weekened se sei matto non hai un cazzo da fare e pensi di più.
Non vi soffermate sul fatto che oggi è sabato mattina.

giovedì 25 ottobre 2007

l'aria che tira tra me e i miei ricordi


Questo tempo sabbatico prima di una partenza
questo tempo rubato al tempo

questo tempo non mio nè di altri

il tempo della valigia e del ritardo

questo lusso sospeso

questo margine ricco

quando audace e irresponsabile
posso
quello che neanche gli anni mi concedono
dove accorrono i pensieri più negletti
e sono accolti,
e tra un pigiama
e una camicia
s'insidia
maestoso ma arrendevole il possibile,
dove potrei persino telefonarti e dichiararmi folle d'amore,
questo unico tempo vero

involontario che ci è dato per grazia di partenze
questo
non è nient'altro che preghiera.

Patrizia Cavalli


E intanto stasera me ne vado al festival della creatività , a ballare via tutti i miei mali al djset gratuito di Andy Fletcher, alla gran faccia di chi la mena che le cose succedono solo a Bologna.

sabato 20 ottobre 2007

Mi piace lavorare

Riemergo dopo una serie di giorni di tumulazione continuata in teatro: sono stata infatti reclutata quale direttrice di scena per uno spettacolo a mio dire assolutamente indecente , con un testo terribile e degli attori validi ma assolutamente poco convinti del testo. Una di loro , peraltro, sta lavorando con Spike Lee nelle colline senesi; colgo per sottolineare che secondo me Spike Lee inizia a essere un po' troppo in mezzo ai coglioni, qui in Toscana, sempre con rispetto [a Chloe] parlando.
Sono stati giorni bellissimi dal punto di vista climatico, anche se li vivevo solo nella pausa pranzo e nei momenti in cui c'era da far qualcosa di pratico all'aperto [vedi alla voce "Laureeeeeen, c'è da scenografare il tavolino, vai a comprare lo spray blu e passacelo due volte"], anche come temperature, e quando stamattina sono uscita col cane l'aria era rarefatta e tagliente, e ho sorriso, perchè sento che finalmente arriverà quell'inverno gelido tanto agognato lo scorso anno, e forse mi troverà pronta.
L'altra sera a cena osservavo questi teatranti gaudenti, che alle volte sembrano fare spettacoli solo per potersi fare le goduriosissime cene notturne, in cui si ride, si coniano ottavine e tutto è sempre un gioco, tutto è sempre teatro, pochi attori smettono di essere attori , una volta scesi dal palco. Poi , sotto la categoria attori, inteso sempre come attori di teatro [perchè sennò la cosa è troppo vasta] si possono individuare diverse specie:ad esempio stavolta lavoravo con un guitto, un'attrice di scuola-di-teatro, un excabarettista reinventatosi teatrante e un Attore, di quelli con la A maiuscola. Tutto sommato, è gavetta, tutto sommato, è esperienza, ed è bello sentirsi telefonare dal Guitto che ti dice che vuole tirar su una performance con l'Attore e che se trovassero i finanziamenti, insomma, beh, vorrebbero proprio te lì dietro.
Se trovano i finanziamenti, appunto, visto che stavolta non si è vista una lira, e non ho potuto obiettare nulla al riguardo perchè il mio nome l'ha fatto proprio l'ETI, tramite il teatro più importante di Firenze. Noblesse oblige.
Sono le sòle della gavetta, bisogna essere pronti a fronteggiarle.
Stamattina, come ogni domenica, sono andata a bermi il cappuccino al bar, mi piacciono queste abitudini provinciali, anzi questi rituali , perchè uscire di casa col freddo che ti taglia la faccia [delizioso freddo] , pensando alle labbra che si appoggiano alla tazzina, e scegliere lo zucchero di canna, e non ciucciare il cucchiaino dopo aver mescolato, per me ha il sapore di un piccolo e sacro rito, ed è per queste insulse cose spesso, che mi alzo meglio dal letto. Non solo per il cappuccio domenicale,intendiamoci, magari anche per l'incontro con qualcuno che non vedo da molto, coi silenzi, le pause le risate, i gesti che so che farò e vedrò nell'altro, per tutte le piccole cose che Philippe Delerm ha chiamato "piccoli piaceri della vita" in quel suo libello delizioso quanto immancabile in qualsiasi biblioteca personale.
Mentre mi facevo venire i baffi con la schiuma di latte, guardavo i camerieri scherzare fra di loro, senza smettere di coordinare il lavoro, darsi le comande e sorridere ai clienti, per quanto sia domenica mattina, e se ne starebbero volentieri pure loro dall'altro lato del bancone senza sbattersi troppo, per quanto alle volte i clienti sappiano essere simpatici come una spinta all'improvviso. Allora mi è venuto in mente quando lavoravo al baracchino di souvenir in Santa Croce, rifilando paccottiglie agli ammmerDigani, quando lavoravo al bar sul molo a La Spezia e servivo le signore bene e magari un istante dopo i marinai ubriachi, quando telefonavo alle redazioni dei giornali e davo [ordini del capo] del tu a tutti e dovevo convincerli che avevano bisogno dell'articolo che il mio ufficio stampa rilasciava, quando in edicola sopportavo le vecchiette che mi tenevano ore in vetrina a scegliere il numero di Mani di fata che gli serviva per fare il grembiulino al/alla nipote, ogni volta insomma che iniziavo qualcosa di nuovo che prevedeva contatto con la gente. Ci pensavo, e mentre ripassavo i lavori che ho fatto da dieci anni a questa parte, gli angoli della bocca si sollevavano in su, senza quasi me ne accorgessi.
Potessi, farei mille lavori. In realtà potrei, volendo. Sono dell'opinione che si possa tutto, volendolo. Ma prevede un dispendio temporale enorme. Insomma, non potrei fare la sarta per un solo anno, non imparerei abbastanza per fare le cose sufficientemente bene da poter vivere con i miei guadagni. Stesso vale per gli altri mestieri. E io credo di sapere dove voglio lavorare, non posso buttare anni in giro solo perchè mi piacerebbe provare tutto.
Che so, la panettiera. La camionista, in fondo mi piace guidare. La cuoca, anche se sono negata.
Saper fare, ecco. Mi piacerebbe tanto saper fare, saper fare tante cose diverse. Mi piace fare.
Credo sia per questo che mi piace lavorare.
I giorni in cui non lavoro sto peggio, mi sento socialmente poco utile, e fatico a comprendere chi non lavora e magari manco studia in maniera seria, e passa le sue giornate nella nullafacenza. Che, beninteso, io trovo straordinaria et dolcissima, ma a rendermela tale è proprio il fatto che lavoro, e godo il mio tempo libero assaporandolo, non ciondolandomici dentro.
Tutto questo per dire?
Ah sì, che sto lavorando sempre meno, in libreria.
Non vado granchè a genio alla direttora, ed è reciproco.
Di recente ha osteggiato il mio passaggio dalla cassa al reparto cd, passaggio caldeggiato e propostole dal responsabile del settore, ma quella merda travestita da capetto d'azienda ha imposto il suo veto. Aggiungiamoci appunto che lavoro tipo due sere la settimana più la domenica, ed ecco che Lauren non si sente granchè contenta delle sue giornate.
"Tu non fai niente per piacerle" mi ha sgridato il vicedirettore. Tragicamente vero.
Credo che anche in futuro non farò un accidenti di niente, per piacerle.
"Potresti usare questo tempo per studiare, e finire sto dams, invece di lamentarti. "
E' esattamente quel che ho in mente, maledetti grilli parlanti tutti. Da martedì, giro di ricevimenti dai professori, sperando di non conoscere un'altra tizia lesbica di Palermo come quella mignatta della settimana scorsa, quando sono andata dalla tutor a chiedere consiglio e conforto per la mia devastantemente rallentata carriera universitaria.
E poi c'è una cosa grande che bolle in pentola. Ma siamo scaramantici, noi teatranti - essì, alla fine è proprio questo, quel che voglio fare , nella vita e che mi trattiene dal fare quasiasi cosa d'altro - e ne parlerò a tempo debito, magari al mio rientro da Parigi.
Non avevo detto che andavo da Bertrand?
Oh, che sbadata.
Ne parlerò al mio ritorno.
Intanto, beccatevi la stupefacente immagine che esce fuori da google immagini se cercate carriera universitaria:
geniale.

mercoledì 17 ottobre 2007

EDUCAZIONE SENTIMENTALE

Nonostante mi renda conto della sua totale assenza di capacità di provare un qualsiasi sentimento di partecipazione alla mia vita, ora, mi rendo conto che la nostra situazione potrebbe solo peggiorare. Nelle nostre ultime cene insieme, Clay, rivolgeva uno sguardo vuoto alla sua vita e a ciò che lo circondava. Oggi, potendolo fare solo per telefono quell'intonazione che assume mentre dice in maniera assertiva: andrà meglio, ha la stessa sensazione di quello sguardo. In realtà, sono felice che quella sensazione non sia più per la sua vita, perchè è meglio essere concentrati su se stessi che odiarsi. Oggi, Clay, mi ha descritto la sua giornata, mentre da lontano, voci intervenivano nella nostra discussione. Ormai sembra chiaro a tutti che siamo in una situazione squilibrata, in cui qualcuno si lamenta e qualcuno ascolta, una situazione anomala, senza futuro. Considerando il nostro passato si ha la sensazione che questa condizione sia stata in qualche modo inevitabile. Che ormai, adulti senza volerlo, non potessimo altro che dirigerci in una strada come questa. Infine non mi sento di essere triste o di provare un qualche sentimento diverso da ciò che sento ora, sapendo con assoluta tranquillità, che non solo è stato tanto ciò che abbiamo avuto, ma che vivere ricercando un passato ormai per definizione trascorso e concluso è quanto mai di più inutile si possa fare.

Detto ciò progetto conclusioni migliori per la mia vita. E' chiaro che resta addosso una qualche immotivata speranza che la nostra relazione non possa far altro che migliorare. Che si possa, non solo tornare indietro ma migliorare il passato, costruendo sentimenti nuovi e ben più complessi. Ma la speranza, la buona prospettiva, si scontra con l'inevitabile conclusione di un rapporto che si trascina in una lunga scia. Allora si arriva a sperare che ci sia uno stacco, un evento drammatico, come uno schiaffo su un viso impreparato. Perchè brucia la pelle nel momento del contatto ma poi ritorna ad essere serena come prima. E' la continuità della mano, che in un gesto, per una sola volta inaspettato, regala al viso un dolore continuo e per questo inutile assuefazione.

sabato 13 ottobre 2007

SAI CHE NON MI INTERESSA?

E' tornata la mia amica dalla Turchia.
Quella che prima era tornata dall'Irlanda.
La modalità resta sempre la stessa.
Si fa un aperitivo tutti insieme che oddio come mi dispiace che parti per quattro mesi, poi lei parte e quando torna si fa un altro aperitivo che oddio come sono contenta che sei tornata dopo quattro mesi.
La mia amica, quanto di più vicino ho che si avvicina ad un'amica femmina d'infanzia, è di una banalità imbarazzante ma io le voglio bene lo stesso. Forse di più perchè non tenta mai di nasconderlo che è banale nel midollo, anche se a volte credo non se ne renda conto e allora sono triste per lei.
L'aperitivo, settimana scorsa, è stato come sempre.
Snocciolamento (analogia) vario di luoghi comuni e pregiudizi sul posto in cui è andata a lavorare per quattro mesi. Perchè certo in Turchia parlano tutti una lingua che nemmeno se stai lì da una vita la capisci e gli uomini sono tutti maschilisti.
Mi ha chiamato per chiedermi di andare in un posto, per passare una serata in compagnia, tutti insieme. I tutti sarebbero lei, il suo ragazzo, banalmente più banale di lei e alcuni amici del suo ragazzo. Gente che spreca ore a decidere dove andare perchè boh magari non fanno la selezione all'entrata.
Così ho detto: - no guarda mi è venuta la febbre, proprio di venerdì sera, tu pensa che sfiga.
Un pò mi sono pentita di essere rimasta in casa, visto che sono tendente al depresso senza prospettive future e un tempo mi sarei adattata meglio ma proprio non ce la facevo.
Non lo so se preferire una serata da sola sia stato conveniente per me ora, piuttosto che uscire con lei. Però forse mi sarei sentita peggio una volta tornata a casa.
Sono giorni che penso brutte cose di me e della mia vita futura, che mi vedo vivere in mille posti che non sono mai quello in cui mi trovo ora. Ma credo sia una storia più vecchia di me e del mondo che conosciamo e non credo valga la pena soffermarsi tanto.
Non riesco a capire perchè questo rapporto con lei non vada da tanto, come lei non si sforzi minimamente di capire una piccola parte di me. Anche solo per non mandarmi un messaggio per chiedermi di andare a vedere un nuovo negozio di scarpe. Perchè a me delle scarpe non mi frega proprio nulla e se non l'hai capito, allora forse sono banale io che non riesco nemmeno a spiegare me stessa.
Nel giro di una settimana mi sono trovata di fronte a due sguardi vuoti, il suo che mentre parlo di me dice una cosa tipo: - Istanbul comunque è una bellissima città. E quello del ragazzo che vive a Tokyo sull'altro lato della strada che sempre mentre parlo di me dice una cosa tipo: - perchè mi dici queste cose? Fai attenzione che io non sono mica tuo amico.
Il tutto negli unici due momenti in cui cerco di mettere a parte il mondo che mi circonda di parte di me e delle cose che provo.
Due volte su due non è male, provarci due volte e vedersi lo stesso sguardo di disinteresse due volte non è veramente male.
Per il resto con Lauren siamo arrivate al massimo dell'ipercomunicatività. Al telefono mentre guardiamo la tv e stiamo in silenzio perchè siamo concentrate su ciò che vediamo e poi commentiamo. Ma io non riesco a tenere la tv sullo stesso canale per più di cinque minuti e quindi si finisce a commentare cose diverse.
La mia amica è sintonizzata su un canale diverso dal mio e commenta un programma che io non vedo, mi inserisce in una vita che non voglio nemmeno vedere rappresentata. Spegnere la tv proprio ora non sarebbe male.

Nota finale: ho progettato di controllare i miei sogni, perchè sono veramente stanca di sognarmi sempre nello stesso posto. E invece che sognarmi sull'isola di Lost con il dottorino pastore che mi piace tanto, mi sono di nuovo sognata a New York City mentre cammino. Da sola chiaro. Non posso nemmeno avere un bell'attore famoso accanto nemmeno durante i sogni. Mi devo proprio dare una calmata.

mercoledì 10 ottobre 2007

Another chance with love

- Hello.
- Hello.
- D'you need help?
- Who doesn't?
- Is that your heart?
- Yeah.
- Big.
- It's small now.
- Small?
- It was bigger before.
- Scary.
- Yeah, that's my problem.
- D'you wanna get a cup of coffee?
- Yeah?
- Yeah.
- Now?
- Yeah. Now.
- Ok.
- Ok.




questa canzone e questo video per mille motivi.
lascerò decantare il tutto ancora per qualche giorno, poi vi dirò di Bertrand, di come mi sento, di cosa vorrei.
se non vi interessa, beh il web è grande.
Intanto, godetevi il video, e la canzone, che è stupenda.

sabato 6 ottobre 2007

Parigi, 21 luglio, ore 17,00 circa

Fare la fila ai musei è noioso.
Fare la fila in generale, per la verità.
Il problema primario quindi è ammazzare il tempo.
Al Louvre dopotutto siamo state in coda nemmeno due minuti: un parigino che capitasse agli Uffizi senza prenotazione potrebbe avere due tre ore da ammazzare, altro che storie.
Chloe è stanca, io pure , ma è la seconda volta che veniamo fin qui per vedere sto museo, quindi persistiamo.
Il cassiere ha due occhi enormi e bellissimi, immagino che potrò fissarlo per un po' con quello sguardo da sotto in su che impone attenzione più di quanta non te ne dia, quello da occasioni speciali, da faccia tosta.
Tutto sommato sì, posso proseguire così, moro, occhi grandi, bocca notevole. E' seduto, ma è sicuramente più alto di me, sennò è malato. Chissene, tanto quando lo rivedo, questo ? Fissa, fissa, Lauren, che ti frega.
"Che stai facendo?" - Chloe si risveglia dal tipico torpore da fila alla cassa.
"Niente, lo fisso. Mi fissa, lo fisso" - le rispondo continuando a guardarlo, e noto che continua a guardarmi nonostante io stia parlando con Chloe e lui stia staccando biglietti. Nonostante questo, nessuno molla lo sguardo dell'altro.
Il gioco poteva esaurirsi qui. Un sorriso una volta arrivata in cima alla fila e ciao.
Invece , il nostro parigino intraprendente, dopo aver staccato i biglietti , mi allunga un foglio bianco con un numero di telefono, poi dice qualcosa. Immagino, qualcosa tipo "questo è il mio numero", ma io di francese non so un'acca e sono anche vagamente istupidita dalla mossa in sè, per cui entro nel museo contemplando il biglietto, e il primo istinto è riuscire subito e telefonargli, ma deo gratias Chloe è con me e mi riporta alla realtà, per cui visitiamo il museo tranquillamente, per quei 45 minuti liberi che sono rimasti prima della chiusura, e all'uscita ovviamente lui già non c'è più. Le casse chiudono prima, puttana la rana.
Poteva di nuovo finire lì.
Salto i passaggi intermedi perchè è tardi , ho sonno e devo finire di pulire questa casa per averla presentabile domani.
Perchè domani arriva Bertrand.
Il cassiere parigino.
Quello fissato con lo sguardo pesante per il tempo di una fila.
Se ci penso , non mi sembra nemmeno possibile.
Quanto ad Hans, per chi fra i nostri lettori si stesse chiedendo come mi senta al riguardo,
lascio parlare il caro Brezsny, che ne sa una più del diavolo, e fruga persino tra kle tragedie familiari, mentre mi sforna un oroscopo come questo:
Esattissimo. Soffire per cose lontane dalla propria vita. No, non ha senso.
Ce la metterò tutta per "esprimere con forza l'intenzione": finora in effetti, non ho fatto granchè per scrollarmi tutto di dosso, anzi.
A bientot. [con l'accento circonflesso, mi suggerisce la regia. ma io il francese non lo so, è notorio.]