domenica 24 giugno 2007

Memento Mari

Judy arriva sotto casa mia relativamente presto, con la fretta gioiosa e limpida di chi sa di andare a star bene, un'urgenza al netto di ogni nervosismo,quindi imbarchiamo bagagli e animali, trasferendoli dalla sua macchina alla mia, per un totale di due cani e un uccellino, perchè notoriamente le mie amiche , non paghe dei loro animaletti domestici, soffrono la sindrome di Florence Nightingale più con i bestiolini trovatelli -di qualsiasi specie animale,attenzione- che non , come definizione vorrebbe, coi loro partnerSSS.
Per cui , facendo l'appello risultiamo essere 5, io , Judy, Feuerbach, Bodhi, Yuza delle Nuvole -nome ispirato, di kenshiriana memoria, ma inadattissimo a un passerotto che io infatti ho sempre chiamato Gino, Gino l'uccellino, Luigi e varie ed eventuali - quasi troppi per una semplice Punto.
Arrivate in quel della costa ligure, trasferita l'arca di Noè dentro casa, mani sui fianchi e occhi come fessure contro sole, decidiamo di dare la prima svolta logistica, per cui riapriamo l'acqua , riapriamo il gas, tentiamo senza successo di accendere la caldaia, riempiamo [???] il frigo coi pochi sacchettini di cartone contenenti frutta et similia, ci facciamo una sigaretta e quindi domandona di Judy.
"E ora che dobbiamo fare?"
"Eh, andiamo a parlare col proprietario del rimessaggio per farci tirare su la barca, poi arriviamo in città a prendere antivegetativa , scotch di carta , acquaragia e carta vetrata, poi andiamo a prendere il motore dal meccanico che lo ha tenuto per i due inverni scorsi, poi iniziamo a pulire."
"Ma io mi sa che non ho capito, pulire in che senso?"
La cara e sprovveduta Judy aveva davvero seriamente creduto che sarebbero stati due giorni di riposo e cazzeggio, in cui al massimo , armata di sgrassatore marsiglia, avrebbe dovuto passare una semplice spugnetta sui prendisole sporchi di unpassato in acqua, e una volta accortasi di essere stata reclutata in forze come manovalanza per un lavoro decisamente più grosso, è stata presa da profondo sconforto assistendo a tutti i passaggi di cui sopra nel più preoccupato silenzio.
In realtà , se si eccettua l'essere stata ripiegata sotto la chiglia della barca quelle 3/4 ore a grattar via i denti di cane, le patelle, gli spirografi e soprattutto le cozze [7 sacchi raschiati via e poi gettati nella spazzatura], dire che non le è andata malissimo, ci sono stati anni molto più industriosi dal punto di vista della messa a mare,: quando per esempio non c'era la mancina elettrica che sollevava la barca da terra e poi la ricalava in acqua, la si prendeva dai bordi e ISSA, ISSA, ISSA, e 450 chilogrami di vetroresina facevano il loro ingresso in acqua scivolando giù dallo scalo, nella sudata soddisfazione di tutti i partecipanti, che venivano spesso reclutati all'ultimo minuto sul molo dalle uniche due persone che si accollavano l'intero lavoro.
Ok, la nuova soluzione è più pratica e veloce, oltre che meno fantasiosa , ma è come chiedersi Stilografica o Biro? Tutto un altro fascino.
Questo era il primo punto da inserire nella vostra Agendinadelchicazzosenefrega [da qui in poi semplicemente ADCCSNF], ne troverete tanti e vari disseminati nel resto del post, sappiatelo fin d'ora.
Siamo ancora ripiegate sotto lo scafo, l'antivegetativa rossa che obbendendo alla legge di gravità dai pennelli ci cola addosso, ci entra sotto le unghie, se ne andrà solo dopo il canonico abbondante trattamento con acquaragia; il tutto sotto gli occhi dell'intero paese, che una volta di più pensa che "la fiorentina" è una ragazza ben strana, che non solo esce in mare da sola, ma si pulisce la barca , si macchia e in generale svolge tutti quei gravosi compiti che le autoctone possono permettersi di lasciare alle loro dolci metà, a quei larghespalledotati abbronzati fin da aprile, al fianco dei quali - belle, con quella bellezza da insospettabile porca tipica delle donne di provincia - annuiscono e sorridono, annuiscono e sorridono, annuiscono e sorridono.
Se ci penso, capisco perchè il mio larghespalledotato abbronzato di 5 anni fa - Hans nell'universo di questo blog- è tornato a farsi vivo. Sai che due palle una donna così? Vado lì al mare da che sono al mondo, anzi a dir la verità da prima, e non ho mai avuto una sola amica donna, in loco con cui potessi andare oltre alle ciance di paese e al nuovo costume che aveva appena comprato e desiderava mettere proprio domani sera, per quel falò sulla spiaggia.
Hans, le sue espressioni, i suoi amici. Sono due giorni interamente contaminati dalla sua non presenza, questi. La sua assenza la conosco da un lustro, e non mi fa più male, ma vederlo mancare dove vedo tutti i suoi amici, nella sua osteria preferita il mercoledì sera, sulla barca del suo migliore amico, boh, adesso mi fa un male diverso.
Guardo Judy, prendo fiato per iniziare il mio lamentevole lamento su Hans, poi la guardo e penso che in realtà non può capire, e non lei perché é lei, ma perché non é , come tutto il resto del mondo, né lui né me. Espiro pensando che sarà un buon esercizio, non poterne parlare oltre.
Non si gioca con la gente così, non si ritorna a dire "vorrei fossi qui" come se ci fossimo salutati ieri e non quasi duemila giorni fa.
Comunque sto zitta, rincuccio i miei pensieri, Judy non parla quasi più da quanto è stanca, l'impianto idraulico di casa mia si fa bellamente i cazzi suoi -e quindi noi facciamo la doccia gelata- e dopotutto ci aspetta Portovenere, coi suoi locali pieni di ubriachi, con la poca vita sulla banchina e il brusìo di parole liquide nel carruggio, per cui basta così.
Decidiamo di mollare la barca lì sul molo, finiremo domattina , dopotutto manca pochissimo ma il sole sta andando giù e le braccia fanno così male, da far pensare che la mattina dopo, novelle veneri di milo, assisteremo incapaci alla rimessa in acqua della nostra barca affatto pronta.
La serata passa come spero, tutti gli amici ti fan festa il primo giorno che torni , come da copione, bere bere bere, fumare fumare fumare, bere e poi ribere, ridere ridere, e ricominciare.
L'invidiabile mantra viene interrotto dai carabinieri.
"Buonasera Maresciallo", fanno i ragazzi, quasi tutti gestori di un locale sul molo , per cui in rapporti non stretti ma continui, con gli omini blu.
"Buonasera ragazzi, Chi è che ha il cane, qui?"
Alzo la mano, pronta a sentirmi il cazziatone perchè il mio pericolosissimo cane assassino se ne scorrazza placido per la banchina.
In tutta riposta, il maresciallo mi guarda, mi squadra e senza smettere di fissarmi telefona in centrale :
"Ho fermato la persona sospetta col cane avvistata nel carruggio, è una signorina dabbene che fa i fatti suoi, i solito falsi allarmi"
Io inizio a ridere, convintissima, tra alcool e additivi naturali, che sia uno scherzone cinese dei miei goliardicissimi amici e ridendo in faccia alle forze dell'ordine dico una cosa tipo
"Ahahahahahahahah, sospetta è bellissimo, non mi era mai stato detto, ahahhaah, è quasi meglio di 'dabbene'"
Il maresciallo corruga la fronte, il mio sorriso disappears there, mentre la comitiva ammutolisce.
" Un altro po' di pazienza, signori', ci dia un documento e poi la lasciamo agli amici. E' in vacanza?"
" [..cristo, cioè., davvero sono stata segnalata? ma da chi, ma gesù..] Eh?"
"Dicevo signorina, è in vacanza?"
"Sì, una due giorni di riposo... [sospetta???]"
"Eh, ma va tutto bbene?"
"Sì, sì , mi scusi sa ma sono un attimo basita."
Ho detto proprio così , manco parlassi con voi, mie care, "un attimo basita"
Lui scoppia a ridere, registra i dati della patente, e mi lascia lì, a chiedermi se forse questa gonna rossa da zingara non faccia davero troppo 'zingara' e non mi sia rischioso indossarla in luoghi dove l'apertura mentale è ancora un sogno tecnologico futuribile, al livello del teletrasporto.
La mattina successiva alzarsi è ovviamente erculeo sforzo [vi piace erculeo? che bello , lo dirò un sacco di volte, come burbero, un erculeo burbero, ad esempio, cribbio che bellezza], ma riusciamo nell'impresa e alle due di pomeriggio siamo in mare, il vento in faccia, lo iodio sale nel naso e arriva ai polmoni , espirare e diventare liquide anche noi, che meraviglia.
Peccato il tempo atmosferico, 'na sòla clamorosa, costrette a restar vestite e a non passare il canale di portovenere per andare in mare aperto, troppo vento.
Gli animaletti si comportano bene , nulla da recriminare, a parte Feuerbach nient'affatto contento di essere su un guscio di noce in mezzo all'acqua, che esprime il suo dissenso sbavandosi addosso e pigolando sommessi "Uì uì".
Un attore consumatissimo. Come se non ci fosse mai salito, poi.
Io e Judy facciamo schifo, nel nostro oramai consolidato e tradizionale stile narcolettico, neppure facciamo finta di darci un tono leggendo qualcosa o accendendo una sigaretta, ma semplicemente sveniamo, una a poppa e una a prua, sui rispettivi prendisole, e ci ricominciamo a parlare solo quando decidiamo di andarcene.
La fase più divertente però è l'ormeggio, e la selezione della boa cui ormeggiarci,operazione durante la quale volano considerazioni di un certo calibro , quali "quella è troppo a ridosso del bagnasciuga","quell'altra non ha un occhiello comodo per agganciarsi", "quella lì è troppo in mezzo al mare" e soprattutto" eh no, scusa, ma quella lì ha un colore imbarazzante, non vorrai che attracchiamo lì eh."
Mentre rientriamo, stanche morte ma felici dei risultati delle nostre braccia distrutte, inizio a pensare qual è stata la prima cosa che ho imparato da quando porto la barca, probabilmente che bisogna dare la precedenza a destra, e solo alle barche a vela -se stanno andando a vela e non a motore- anche a sinistra; ho pensato alle volte che ho preparato la lenza, stretto i piombi sul filo coi denti, allamato un pesce così male da perderlo mentre lo tiravo su; all'apnea per prendere le cozze per la pasta e per la teglietta alla marinara; alla prima volta che sono passata sotto la barca carezzandole la chiglia con la mano e riemergendo dal lato opposto felice manco fossi una piccola Maiorca; a tutte le volte che avrei avuto voglia di menare il mio occasionale"equipaggio", quasi sempre poco pratico di barca e spesso dalla domanda facile, tragico vizio che fa perdere tempo e staffe;a tutte le volte che ho mangiato i ricci col dito dopo averli fracassati sul bordo della barca; a quando ho imparato a spaccare le onde evitando di fare il bagno a tutta la barca; a quando lui mi guardava fisso e io "che vuoi???" fintostizzita, e continuava a guardarmi fissa, come dovessi restare sulla sua retina ancora per chissà quanto, come facevo io con lui, perchè a pensarla ora, la prima cosa che ho scordato è stata la composizione del suo viso, poi la sua voce, poi i suoi gesti. Sono rimasti solo i dettagli, solo i piccoli dettagli, e quel pomeriggio di agosto in cui mi ha insegnato il nodo più famoso di tutti, e l'unico che so fare bene, la gassa d'amante.
"Hans?"
"Mh?"
"Ma perchè si chiama così?"
"Perchè non si scioglie quando è in tensione,ma solo quando è lento."
"..."
"Come le storie d'amore."
"..."
"Comunque è fondamentale, perchè non si scioglie, non scorre e l'occhiello, vedi? resta lento, però lo puoi sciogliere facilmente, segui me."
" Seeee.[con le dita tutte legate con la cima sulle ginocchia] e la gassa d'amante doppia,come si fa?"
"Impara questa, prima, che mi sa che è meglio, eh?"
"..."
"La gassa d'amante doppia serve a tirare le cose a bordo, persone comprese,
saper fare bene una gassa d'amante doppia è come dire 'posso salvare un uomo'".
"Mi insegni?"
"Più avanti, ora impara questa."
"D'accordo."
...

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martedì 19 giugno 2007

Lauren se ne va

Voi, uomini! Voi, mostri!
Voi , mostri di nome Hans! Questo nome che non riesco a dimenticare.
Ogni volta che attraversavo la radura e i cespugli si aprivano , quando i rami mi frustavano via l'acqua dalle braccia, le foglie mi leccavano le gocce dai capelli, mi imbattevo in uno ceh si chiamava Hans.
Sì, questa logica l'ho imparata, che uno di voi deve chiamarsi Hans, che tutti senza eccezione vi chiamate così , tutti, ma in realtà uno solo. E' sempre uno solo che porta questo nome, è uno solo che non riesco a dimenticare, anche se vi dimentico tutti, se vi dimentico nel modo più assoluto e totle , così come vi ho amati di un amore totale.
[...]
Tutte queste parole non ci saranno più e forse vi dirò perché. Visto che conoscete tutte le domande che iniziano tutte con «Perché?».
Non ci sono domande nella mia vita. Amo l’acqua, la sua densa trasparenza, il verde nell’acqua e le mute creature (muta sarò presto anch’io), e i miei capelli tra quelle, nell’acqua, nell’imparziale acqua, nell’indifferente specchio che mi impedisce di vedervi altrimenti.+L’umida barriera tra me e me…
Non ho avuto figli da voi, perché non conoscevo domande né pretese né cautele, non avevo mire, non conoscevo il futuro e non sapevo come si fa a prendere posto in un’altra vita. Non avevo bisogno di essere mantenuta, non pretendevo dichiarazioni o promesse solenni, solo aria, aria notturna, aria costiera, aria di confine, per poter ogni volta riprendere fiato per nuove parole , nuovi baci, per una confessione senza fine: Sì.sì.
Dopo aver reso la mia confessione,ero condannata ad amare; quando un bel giorno mi liberavo dell’amore ero costretta a ritornare nell’acqua, nell’elemento dove nessuno si prepara un nido, si costruisce un tetto sopra le travi, si rifugia sotto un telone.
Non essere in nessun luogo, in nessun luogo restare.
Tuffarsi, riposare, muoversi senza spreco di forze – e un giorno ricordare, riemergere, attraversare una radura, vedere lui e dire
«Hans».
Incominciare dall’inizio.
«Buona sera».
«Buona sera».
«Abiti lontano?».
«Lontano, abito lontano».
«Anch’io abito lontano».
Ripetere sempre lo stesso errore, l’unico a cui si è predestinati.
E a che serve allora essere stata lavata da tutte le acque, dalle acque del Danubio e del Reno, da quelle del Tevere e del Nilo, dalle acque chiare dei mari glaciali dalle acque d’inchiostro al largo dei mari e da quelle dei magici stagni?
Le donne violente della specie umana affilano le loro lingue e mandano lampi con gli occhi, le donne miti della specie umana versano un paio di lacrime in silenzio che pure fanno il loro effetto. Ma gli uomini assistono tacendo.
Passano amorevolmente la mano sui capelli delle loro spose e dei loro bambini, aprono il giornale, controllano i conti o accendono la radio a gran volume, ma intanto odono il suono della conchiglia, la fanfara del vento, e poi una volta ancora, più tardi, quando nelle case è buio, s’alzano dal letto di nascosto, aprono la porta e tendono l’orecchio scendendo lungo il corridoio in giardino, già per i viali, e ora l’odono distintamente: la nota di dolore, il grido lontanissimo, la musica spettrale. Vieni!Vieni! Una volta sola, vieni!Voi mostri con le vostre donne!
[...]
Voi che delle donne fate le vostre amanti e le vostre mogli, le trasformate in donne per un giorno, in donne per un weeked, in donne per tutta la vita, e lasciate che esse facciano di voi i loro uomini.(Questo forse vi scuoterà dal vostro torpore!).
Voi, con la vostra gelosia nei confronti delle vostre donne con la vostra arrogante indulgenza e la vostra tirannia con quel vostro cercar protezione presso le vostre mogli, voi, con il vostro denaro per le spese di casa e le vostre quattro chiacchere prima della buonanotte, tutti questi conforti, il voler aver ragione contro il mondo, voi,con i vostri abbracci goffamente esperti, i vostri abbracci goffamente sbadati.[...]
Voi con le vostre Muse e bestie da soma, con le vostre compagne istruite, comprensive, cui date il permesso di parlare…
A lungo le mie risa hanno smosso le acque, risa gorgoglianti cui talvolta avete fatto eco nella notte con spavento.
Poichè l’avete sempre saputo che la cosa faceva ridere e nello stesso tempo incuteva spavento, sapevate di bastare a voi stessi e di non essere mai stati d’accordo.
Perciò è meglio non alzarsi di notte non scendere lungo il corridoio non fermarsi e tendere l’orecchio in cortile o in giardino poiché sarebbe ammettere che più d’ogni altra cosa è seducente una nota di dolore, quel suono, quella tentazione e che lo si desidera, il grande tradimento.
Mai siete stati d’accordo con voi stessi, mai con le vostre case, con tutto ciò che è sancito. Per ogni tegola che si staccava, per ogni crollo che si annunciava, provavate una gioia segreta.
Vi piaceva giocare con l’idea di un insuccesso di una fuga di un’onta e della solitudine che vi avrebbe salvati da tutto l’esistente. Troppo vi piaceva giocare con questi pensieri.
Quando giungevo io, quando un soffio di vento mi annunciava, balzavate su e sapevate che l’ora era vicina, vicina l’onta, il bando, la perdizione, l’incomprensibile.
Il richiamo della fine.
Della fine.
Voi mostri per questo vi ho amati, perché sapevate che cosa significa quel richiamo, perché vi lasciavate chiamare, perché non eravate d’accordo con voi stessi.E io quando mai sono stata d’accordo?
Quando eravate soli, completamente soli e quando i vostri pensieri non pensavano più nulla di utile, nulla di utilizzabile, quando la lampada ardeva nella stanza, quando ad un tratto appariva la radura, quando l’ambiente era umido e pieno di fumo, quando ve ne stavate lì, perduti, perduti per sempre,perduti per aver visto chiaro, allora era il mio momento.
Potevo entrare con lo sguardo che sollecita:Pensa! Sii! Dillo!
Io non vi ho mai capito,mentre vi sapevate capiti da chiunque altro.
Ho detto:Non ti capisco, non capisco, non riesco a capire.
[...]
Né le vostre mogli malate per la vostra presenza, né i vostri figli condannati da voi ad avere un futuro; hanno saputo insegnarvi la morte, ve l’hanno solo fatta assaggiare un poco alla volta.
Mentre io ve l'ho insegnata con uno sguardo, quando tutto era perfetto, luminoso, e delirante, io vi ho detto:
Lì sotto c’è la morte.
E poi:
E ora scade il tempo.
E simultaneamente:
Vattene, morte!
E:
Fermati, tempo!
Questo vi ho detto. E tu mio amato, parlavi con voce più pacata e completamente veritiero e in salvo, libero da ogni impedimento, hai rivelato il tuo spirito triste e grande come lo spirito di tutti gli uomini, un genere di spirito che non è destinato ad alcun uso.
Poiché io non sono destinata ad alcun uso e voi sapevate di non essere destinati ad alcun uso, tutto andava bene tra noi.Ci amavamo. Eravamo fatti dello stesso spirito.Ho conosciuto un altro uomo che si chiamava Hans ed era diverso da tutti gli altri. Ne ho conosciuto un altro e anche lui era diverso da tutti gli altri.Poi un altro ancora, che era diversissimo da tutti gli altri e si chiamava Hans; io l’ho amato. Lo incontrai nella radura e ce ne andammo così, senza meta era nella campagna danubiana, lui mi portò sulla ruota gigante, era nella Foresta Nera e sotto ai platani dei grandi boulevard lui bevve pernod con me. L’ho amato.Eravamo a una stazione del Nord e il treno partiva prima della mezzanotte. Non feci cenni di saluto con la mano.Feci un cenno che significava fine. Quella fine che non trova fine. Non ha mai avuto fine. E’ un segno che va fatto tranquillamente. Non è un segno triste non vela di nero le stazioni e le grandi strade, molto meno del cenno indagatore di saluto che segna la fine di tante cose.
Vattene, morte e fermati, tempo.
Non servirsi di incantesimi, né di lacrime né di mani che s’avvinghiano,né di giuramenti, né d’implorazioni,. Niente di tutto questo.
La regola è : confidare che gli occhi bastino agli occhi, che basti un solo verde, che basti la cosa più lieve. Ubbidire così alla legge e mai al sentimento.Ubbidire così alla solitudine.Solitudine nella quale nessuno mi segue.Lo capisci, non è vero? Io non dividerò mai la tua solitudine, perché già esiste la mia, molto più antica, ben più duratura.Non sono fatta per dividere le vostre preoccupazioni.Non queste preoccupazioni !
E come potrei riconoscerne l’esistenza senza tradire la mia legge?Come potrei credere all’importanza delle vostre intricate vicende?Come credervi, finchè vi credo veramente , finchè continuo a essere profondamente convinta che valete di più delle vostre scialbe e tronfie dichiarazioni, delle vostre azioni squallide, dei vostri assurdi sospetti.Ho sempre creduto che voi foste qualcosa di più, cavalieri, idoli, non lontani da un’anima, degni dei più grandi nomi regali.Quando ti veniva più in mente nulla riguardo alla tua vita, allora parlavi dicendo il vero, ma solo allora. Allora tutte le acque inondavano le rive, si gonfiavano i fiumi, subito le ninfee fiorivano e annegavano a centinaia e il mare era un possente gemito, e batteva batteva correva e rotolava contro la terra, traboccando dalle sue labbra candida schiuma.Traditori!
Quando non sapevate più come trarvi d’impaccio ricorrevate alla denigrazione.
Allora sapevate che cosa v’insospettiva in me, l’acqua, il velo, il mio essere inafferrabile.
Allora di colpo io diventavo un pericolo che avevate scoperto ancora in tempo e venivo maledetta, e voi vi pentivate di tutto in un baleno.
Ve ne siete pentiti sui banchi delle chiese, davanti alle vostre mogli, ai vostri figli, davanti alla pubblica opinione.Davanti alle vostre alte, altissime autorità avete avuto il coraggio di rinnegarmi e di rinsaldare tutto ciò che in voi era diventato incerto.
Eravate al sicuro. Avete fatto presto a erigere gli altari e a sacrificarmi. Era buono il mio sangue? Non sapeva un po’ del sangue di cerbiatta e del sangue della balena bianca? Non sapeva del loro essere mute? Beati voi! Siete molto amati e molto vi viene perdonato.Ma non dimenticate che siete stati voi a chiamarmi nel mondo, che voi avete sognato di me, l’altra, il diverso, il vostro spirito e non la vostra sembianza, la sconosciuta, che ai vostri matrimoni intona il lamento, giunge coi piedi bagnati e del cui bacio temete di morire come voi vorreste morire, ma non morrete mai più:nell’assenza di ogni ordine, nell’estasi e nel possesso della ragione più alta.
[...]
Avete inventato tutti i giochi possibili, giochi di numeri, giochi di parole, giochi di sogno e giochi d’amore.
Mai nessuno ha parlato così di se stesso.
Quasi vero.Quasi mortalmente vero.
Chino sull’acqua, quasi arreso.
Il mondo è già immerso nelle tenebre e io non riesco a mettermi la collana di conchiglie.
Non ci sarà più radura.
Tu diverso dagli altri.
Sono sott’acqua.
Sott’acqua.
E lassù passa uno che odia l’acqua e odia il verde e non capisce, non capirà mai
Così come io non ho mai capito.
Ormai quasi muta
quasi sentendo
ancora il richiamo
Vieni.
Una volta sola
Vieni.


Undine geht, di Ingeborg Bachmann [Ondina se ne va]
Se ne va anche Lauren, vicino al mare sta meglio, ormai lo sapete. Due giorni a cercar di non pensare a chi torna dopo 5 anni, dicendo cose che non dovrebbe dire ed esprimendo desideri che , a 30 anni suonati, dovrebbe stare ben attento a dire ad alta voce, pena il timore di poterli vedere esauditi. e doverne temere i risultati.
State bene, almeno voi.


domenica 17 giugno 2007

Diario di bordo

Chissà poi dove l'ho trovata, io, tutta quella determinazione per decidere davvero di partire. Perchè sì, mi direte, in fondo hai solo preso un'aereo per andare in vacanza una settimana, senza spostarti neanche più di che e per giunta sei andata in un villaggio, dove al massimo esci per farti un giretto se ne hai voglia. Per me è stato come fare il giro del mondo. Lasciare lo stagno per ritrovare un po' di me, un po' di quel me che ultimamente non sapevo neanche dove stesse di casa.
In aeroporto, con il mio trolley colorato e l'orsetto nello zaino, i libri e l'iPod zeppo di musica perchè senza colonna sonora non sarebbe stato ugualmente bello, osservavo la gente, coppie e famiglie in viaggio per una settimana di relax di inizio estate. Sono arrivata in villaggio con una faccia che sembrava un funerale, con i miei pantaloni neri e la maglia nera dei VNV Nation, che reca scritto, niente popò di meno che dies irae veniendum est. "Pari matta" sembravano dirmi le facce che mi osservavano dall'alto in basso; "ma sei qua da sola?" Sì sono da sola bastardo, pensa ai cazzi tuoi.

LA QUADRUPLA USO SINGOLA
Una stanza enorme tutta per me, con l'arco al centro per delimitare i due spazi vitali, la zona giono e quella da letto, aria condizionata, televisore, armadio e bagno con vasca e una colonna al centro, che faceva molto oriente. Ho disposto tutte le mie cosine, da brava ragazza a modino, salvo poi dal secondo giorno lasciare tutto dove capitava, tanto che le cameriere che mi rifacevano la stanza dal terzo giorno hanno smesso di cercare di rimettere in ordine, lasciando quel casino che mi piace tanto, che fa tanto casa mia, dormire con le cose sul letto nel lato vuoto, e libri sparsi ovunque, pinzette, costume, il mio caos quotidiano. L'orsetto sempre con me, sorridente come non mai, perchè ormai dal 2004 non posso più farne a meno.


SORRISI IRREALI
Come son tutti belli al mattino, nel cielo azzurrisiimo di Rodi, a fare colazione abbuffandosi come i maiali de La città incantata, con i loro copricostume bianchi, gli occhiali da sole e quelle voci forti, mentre ancora ti osservano confabulando tra loro "sì, è proprio da sola". Ho fatto colazione con yogurt greco e caffè lungo, poi, musica nele orecchie, via in spiaggia. Il mare era davvero bellissimo. Poi il mio passatempo preferito sulla spiaggia è ascoltare le altrui conversazioni, immaginarmi tutte le dinamiche delle varie relazioni, cercare di capire che tipo di persone siano e cosa vanno cercando in quella vacanza. La maggior parte delle persone, per esempio, tanto per rendere l'idea di quale merda ci sia in giro, cerca di portarsi a letto qualcuno che non sia il suo partner, con il quale sta in vacanza. Ma cosa ti salta in testa, gesù, invece di fare l'amore con la tua ragazza, in un posto incantato come questo, lontani Km dalle preoccupazioni della vita quotidiana, cerchi di scoparti questa povera ragazzina distrutta in vacanza qua da sola? Purtroppo non sembra possibile più immaginare qualcosa di puro e bello come una storia d'amore senza tradimenti, nessuno che si sbatte più per essere fedele, che è uno sforzo grandissimo ma credo sia anche uno dei doni più grandi che puoi fare alla persona che ami.

QUALCOSA PER TAGLIARSI
le nuove regole per il trasporto di oggetti in aereo sono molto rigide ultimamente, non sarebbe stato carino dover giustificare un bisturi nel mio beauty case se mi avessero controllato il bagaglio. Allora a causa di un rasoio ormai non più affilato, mi sono vista smaniosa alla ricerca di qualsiasi oggetto contundente che potesse ferirmi, perchè proprio stavo male, ma male male forte, e visto che non poter far uscire tutta quella rabbia urlando ho dovuto far uscire del sangue per sentire che sì, cazzo, ero viva! Mentre tutti se ne stavano beati, tra la doccia in camera e l'aperitivo in piscina, mi sono appartata tra gli scogli e con dei sassi improbabili, che si improvvisavano coltelli preistorici per l'occasione, ho cominìciato a torturarmi il braccio. Di nuovo quella sensazione, di nuovo il dolore per non sentirne più.
Poi mi sono stonata con gli aperitivi, fotografandomi le scarpe, e sono arrivata a cena ferita ma rincuorata, perchè tanto nessuno sapeva cosa provavo veramente. La mia storia era solo dentro di me.

DUE CUGINI, UNA ZIA E GLI ALTRI
Ho il cellulare pieno di nuovi numeri di telefono. Di chiacchierate carine ne ho fatte tante, imparando a conoscere nuovamente persone positive con le quali mi intrattenevo tra una partita di carte, un giro in barca a vela, il tiro con l'arco e le serate assurde dell'animazione, osservando la gente ballare in piscina e ridendo finalmente, e di nuovo, con tanto gusto ed una nuova serenità. I "cugini" in vacanza con la loro zia sono stati una piacevole scoperta al terzo giorno di vacanza, così come le pazze scatenate ragazzette torinesi alla loro prima vacanza, l'altro single disperato, la coppia di 38enni che sembrava affiatatissima ( salvo poi che lui l'ultimo giorno mi è praticamente saltato addosso e credo si sia vergognato per tutto il viaggio di ritorno ), e tutta una serie di personaggi che è tipico incontrare nei villaggi e che in pratica mi hanno tipo adottata, coccolandomi un po' tutti come non mai . Vuoi perchè gli facevo pena, vuoi perchè ho giocato a fare un po' la ragazza del mistero, con la mia musica, il mio abbigliamento sempre inadeguato, i miei sorrisi e il carico di tristezza che via via mi scrollavo di dosso.

UNA NUOVA SERENITA'
L'ultimo giorno, come poteva essere altrimenti, il cielo era coperto, ti faceva venire una gran tristezza, ma di quella sana, vedere il mare burrascoso e stare con la felpa quando sotto avevi una bella abbronzatura, valigie depositate nella hall e tanta voglia di restare. Io ero serena. Dopo tanto ero di nuovo consapevole di valere qualcosa, perchè in fondo sì, una settimana non ti cambia la vita nè ti rende una persona migliore, ma sicuramente il mare mi aveva aiutato a riflettere su me, su quello che andavo cercando, su quello che realmente volevo. Io volevo, e voglio, essere una persona che sta bene con se stessa, al di là di tutti i miei mostri, una persona che sa star bene con gli altri perchè ha raggiunto un equilibrio tutto suo. Forse non ci riuscirò in una vita ma è un buon tragurado da raggiungere.

IL COLPO DI TESTA
Parto, parto di nuovo, l'aereo arriva alle 4 di mattina a Bologna, mi fermo un po', mi lavo nei bagni e prendo un altro aeereo, voglio andare in giro per l'Europa, Lauren, guardami i voli low cost su internet, parto, parto!! Come sempre mi lascio prendere dall'euforia, perchè le cose belle vorrei non finissero mai e per tornare a casa c'è sempre tempo, c'è sempre tempo.


Sarebbe stato bello poi, alla fine, andarci davvero a Barcellona, e poi forse via, di nuovo verso un'altra meta. Berlino, Parigi, dove ti porta un'aereo, per sentirsi sempre in vacanza. Purtroppo poi i conti con la realtà li devi fare, non puoi continuare a scappare. Ma quanto mi divertiva l'ultimo giorno dire a tutti che sarei ripartita subito da Bologna, dove mi portava il caso, e tutti che mi dicevano "fai bene"; pensare di scrivere sul mio quaderno di viaggio qualcosa alla Victor, un quaderno di viaggio in cui raccontavo le mille cose che avevo fatto e visto e tutte le persone che avevo conosciuto.
Ma in fondo non ho rimpianti, sono stata bene, mi sento diversa, mi sento un po' arricchita. Di tutte le piccole cose, i particolari che mi sono rimasti nel cuore e negli occhi, un po' come l'interno della borsa che mi ha regalato Lauren per il mio compleanno, con i suoi quadretti scozzesi, una sorpresa che non pensavi ci fosse.

sabato 16 giugno 2007

DOMINO

Stavo seduta sul marciapiede e lui si è avvicinato chiedendomi se stavo bene.
- Ho una cosa nell'occhio, - ho detto grattandomi l'occhio come faccio spesso.
O metto le braccia conserte o mi gratto gli occhi se superi una certa distanza, se sei dentro quel cerchio che mi circonda con un metro di diametro.
Mi ha messo una mano sulla faccia, ha spinto la pelle della mia guancia verso il basso per vedere cosa avevo nell'occhio.
Mi ha detto: - non vedo nulla, ma mi sa che è meglio se ti siedi.
Mi sono seduta di nuovo sul marciapiede.
Chissà cos'ha pensato quando mi ha visto entrare con il motorino nella vietta a senso unico, sbandando. Quando ho mollato il motorino, praticamente ancora accesso sull'asfalto per sedermi sul marciapiede e appoggiare la testa fra le ginocchia.
- Ho pensato che stavi male, - ha detto, dopo. Dopo che quel coso era uscito dal mio occhio.
Ha iniziato a piovere mentre ero seduta di nuovo sul marciapiede con un moscerino bello grosso che premeva sul mio occhio.
- Mi sa che non è la tua giornata fortunata.
E si è seduto accanto a me. Mi ha chiesto se stavo meglio e se volevo un passaggio per tornare a casa. Io pensavo solo al moscerino che non vedevo più ma che sapevo essere dentro al mio occhio e pensavo che probabilmente ora era arrivato al cuore o giù di lì. Perché si era sicuramente infilato in qualche conduttore e a pensarci siamo solo un ammasso di conduttori. Per la gravità era finito verso il basso, spinto da quel milione di piastrine e globuli che ci viaggiano dentro. E ora, arrivato al mio cuore, il moscerino avrebbe smesso di farmi vivere. Mi avrebbero portato in ospedale per dirmi, che : - mi spiace, non c'è più nulla da fare.
Il moscerino avrebbe preso la mia vita, insinuandosi nel mio corpo, come i cattivi pensieri, come le cose brutte che ti si scolpiscono addosso.
Allora avrei pianto per farlo uscire dall'occhio ma lui sarebbe rimasto nel cuore e avrebbe gioito quando si sarebbe fermato tutto, quando quei milioni di piastrine e di vasi sanguinei avrebbero cessato di scorrere e di far scorrere. All'ultimo battito sarebbe uscito e avrebbe ripreso a volare per andare a schiantarsi sull'occhio di qualcun'altro.
Lui mi ha chiesto se mi faceva male e l'unica parola che avevo in testa era necrosi.
Io ho detto: - è solo un moscerino ma chissà dov'è ora.
- Magari è uscito ma non l'hai visto.
- No, è ancora lì, lo sento.
E così mi ha detto che dovevo piangere per farlo uscire.
- Se piangi vedrai che esce.
Come si fa a piangere? Per far uscire un moscerino che ti farà morire tra pochi mesi?
Lo ha detto seriamente credo e intanto si è acceso una sigaretta.
Mi ha detto: - guarda mi spiace non so che fare, prova a piangere, vedrai che esce.
Così ho pensato a quando, ormai in coma, mi avrebbero tolto l'occhio per vedere se il moscerino era ancora lì e non lo avrebbero trovato. Allora mi avrebbero tolto il cuore, perché sicuramente come tutte le cose cattive si trovava lì.
E ho cercato di piangere. Ma non ci riuscivo. Mi sono messa un dito nell'occhio, un po’ apposta un pò senza volerlo, per far uscire le lacrime.
E il moscerino che era finito praticamente dietro l'occhio è sceso al secondo battito di ciglia. E lui ha detto: - Ah sì, lo vedo, stai ferma.
E mi ha messo un dito nell'occhio per toglierlo e poi mi ha dato un fazzoletto.
- Meno male, - ha sospirato, - fortuna che è uscito, chissà se restava lì.
Sarebbe potuto arrivare al cuore.
Mi ha salutato dicendo: - vabbè vado, stai bene e non ti impressionare, è solo un insetto, lo sfortunato è lui che è morto.
E ho pensato al suo di cuore. Al cuore dell'insetto che si era fermato a contatto con il mio occhio, quando stava semplicemente andando a fare chissà cosa e io gli sono andata addosso.
Quando si è trovato in un mare umido pieno di luce rossa. Deve essere così essere tra l'occhio e la palpebra, imprigionati in un mare che seguita a scorrere e a diventare sempre più grande e con un sacco di roba rossa intorno.
Al mio, di cuore, non ci deve nemmeno aver pensato, visto che deve essere morto subito.
Chissà che animale era quello che mi è entrato dentro.
Chissà come si chiamava il ragazzo che si è fermato per vedere se stavo bene e che è rimasto lì fino a quando non è riuscito a tirarmi fuori il povero moscerino dall'occhio.
Non lo rivedrò mai più, il moscerino sicuramente. Ora è spiaccicato su un fazzoletto chissà dove.
Ora magari per il gioco delle connessioni il ragazzo racconta di questa cosa, di aver incontrato una con un moscerino nell'occhio.
Per il gioco delle connessioni lui è in Umbria su un cavallo e io sono su un gasometro a vedere che cosa guarda tutti i giorni.

Come suo fratello, Aldous Huxley era un ottimista. La mutazione metafisica che ha creato materialismo e scienza moderna ha avuto due grandi conseguenze: il razionalismo e l’individualismo. L’errore di Huxley è stato quello di non aver valutato adeguatamente il rapporto di forza tra queste due conseguenze. In dettaglio, il suo errore sta nell’aver sottovalutato l’aumento di individualismo prodotto da una incrementata coscienza della morte. Dall’individualismo nascono la libertà, il senso dell’io, il bisogno di distinguersi e di essere superiori al prossimo. In una società razionale com’è quella descritta da Il mondo nuovo, lo scontro può essere attenuato. In una società ricca dove i flussi economici siano sotto controllo, la competizione economica, metafora del dominio dello spazio, non ha più ragione di esistere. La competizione sessuale, metafora, tramite la procreazione, del dominio del tempo, non ha più ragione di esistere in una società dove la dissociazione sesso/procreazione sia perfettamente realizzata; ma Huxley ha dimenticato di tener conto dell’individualismo. Non ha saputo capire che il sesso, una volta dissociato dalla procreazione, sussiste meno come principio di piacere che come principio di differenziazione narcisista; lo stesso dicasi del desiderio di ricchezza. Perché mai il modello della socialdemocrazia svedese non è mai riuscito a prevalere sul modello liberale? Perché mai non si è riusciti a sperimentarlo neppure nel campo della soddisfazione sessuale? Perché la mutazione metafisica operata dalla scienza moderna si porta dietro l’individualismo, la vanità, l’odio e il desiderio. Di per sé il desiderio – contrariamente al piacere – è fonte di sofferenza, di odio e di infelicità. E , questo, tutti i filosofi – non solo i buddisti, non solo i cristiani, ma tutti i filosofi degni di questo nome – l’hanno capito e insegnato. La soluzione degli utopisti – da Platone a Huxley passando per Fourier – consiste nell’annientare il desiderio, e le sofferenze connesse, organizzandone l’immediata soddisfazione. All’opposto, la società erotico-pubblicitaria in cui viviamo si accanisce a organizzare il desiderio, a svilupparlo fino a dimensioni inaudite, al tempo stesso controllandone la soddisfazione nel campo della sfera privata. Affinché la suddetta sociètà funzioni, affinché la competizione continui, occorre che il desiderio cresca, si allarghi e divori la vita degli uomini.

martedì 12 giugno 2007

IL POSTO DELLE FRAGOLE…

…trova il suo filo conduttore nel viaggio, inteso come cammino verso una maggiore consapevolezza della propria condizione umana.

Il primo anno che vivevo a Milano tornavo a casa ogni weekend.
Finivo quello schifo di lavoro il venerdì tardi e al sabato mattina mi svegliavo presto, uscivo, prendevo la metro, andavo alla stazione Garibaldi e prendevo il treno. Dal binario 13 o 15.
Mio padre mi veniva a prendere, mi portava al supermercato, facevamo la spesa e poi tornavamo a casa.
Per almeno sei mesi è andata così.
Poi i miei hanno cominciato ad avere da fare, il weekend. I loro rapporti sociali erano pressanti.
Così arrivavo alla stazione, mio fratello mi veniva a prendere, andavo a casa, mangiavo il pranzo che mia madre mi aveva lasciato, facevo il bucato che a casa non riuscivo mai a fare e passavo il weekend a leggere o guardare la tv. In silenzio.
Vista ora fa paura.
Sembra una grande tristezza ma io ero contenta. Non avevo nessuno spazio da condividere, nessuna voce o lamentela da ascoltare, nessun casino e potevo andare in bagno quando volevo senza chiudermi a chiave e sbrigarmi perché altre quattro persone lo reclamavano.
Sono grandi gioie.
I miei tornavano dalle loro gite la domenica pomeriggio tardi. A volte cenavamo insieme, pizzeria o ristorante, con o senza mio fratello che aveva comunque passato il weekend a lamentarsi del fatto che non potesse avere la casa libera.
Poi mio padre portava a casa mia madre e mi accompagnava a Milano.
Avevamo una cassetta con i Queen che mettevamo sempre nell'autoradio. L'aveva lasciata un amico di mio fratello e visto che a mio padre non piace la radio e la musica che ci mettono ascoltavamo sempre la stessa cassetta.
Una volta siamo andati in Germania, io e lui da soli, ve lo consiglio un viaggio di nove ore in macchina con il proprio padre e la voce di Freddy che ripete ad intermittenza le stesse canzoni.
Sulla strada avevamo trovato un incidente. C'era un tizio sdraiato, coperto con un lenzuolo bianco e zuppo fino ai piedi, erano più o meno le sei di mattina, la macchina rovesciata aveva una targa francese e pioveva forte.
Mi sentivo male e ci siamo fermati in un autogrill che aveva i bagni all'esterno. I bagni erano fatti in acciaio con l'acqua che scendeva automaticamente ogni volta che ti muovevi.
Avevo vomitato pensando al tizio francese coperto dal lenzuolo riverso sull'asfalto pochi metri prima. Al suo sangue schizzato fuori che probabilmente non avevo fatto in tempo a vedere. Mio padre aveva aspettato in macchina e mi aveva comprato del pane svizzero che per la precisione fa schifo.
Nel bagno avevo sentito entrare due tizi che parlavano tra di loro in tedesco, così avevo aspettato che uscissero perché mi ero messa paura. Avevo alzato le gambe sulla tazza di acciaio mentre l'acqua continuava a scendere ad ogni minimo movimento. Le gambe strette al petto, l'acqua che scendeva ovunque, sotto di me, fuori, sul mio viso. Sarei potuta annegare.
Siamo andati in Germania per pochi giorni a trovare mia zia, sua sorella minore. La terza sorella. Una sera siamo andati a cena in un posto dove si mangiava solo carne bianca, di ogni tipo e condita in ogni modo. Quando stavamo tornando indietro la macchina si fermò e ripartì solo una settimana dopo e dopo un sacco di soldi sborsati all'officina in cima alla collina.
Mio padre si faceva mandare via fax il lavoro, io giocavo con mia cugina di 5 anni e mia madre chiamava da casa ogni sera. Io volevo solo tornare a casa ma avevo solo paura di salire sulla macchina.
Quando riuscimmo finalmente a tornare a casa, partimmo di mattino presto.
La cassetta con la voce di Freddy si ruppe un paio d’ore dopo. A ripensarlo bene non fu un viaggio fortunatissimo.
Comunque dopo un anno smisi di tornare a casa il weekend. Tornavo il giovedì sera così cenavamo tutti insieme a casa di mia nonna, con la zia, lo zio e i miei due cugini. Ero anche contenta al giovedì.
Poi tornavo a casa e stavo ore a parlare con Clay, della cena, delle cose che aveva raccontato mia madre sulla gente del paese e di quello che era successo in quella settimana.
Io e Clay abbiamo un sacco di cose in comune, la più grande credo sia l'insonnia e in generale i disturbi del sonno. Li risolviamo in modi opposti ma sempre di disturbi si tratta.
A Clay non piaceva tornare a casa dalla sua famiglia, ci tornava per le feste o solo se sua madre telefonava per più di tre volte al venerdì fino a costringerlo a cedere all'invito.
Poi tornava a casa e nell'ultimo anno stava per ore in silenzio. Mangiava riso alle verdure sul tavolino e poi forse, se era la serata fortunata, parlava e raccontava qualcosa.
Il fratello di Clay si sposa tra due settimane, lui torna da Londra solo perché la madre l'ha chiamato tre volte di seguito e ha parlato con la sua ragazza che l'ha convinto a farsi questo viaggio per il fratello.
Ha detto che poi il fratello e la sua futura moglie staranno qualche giorno a Londra. Non sembrava molto contento della visita che gli faranno.
Io sono contenta che torni di nuovo a casa ma non ho sorriso come le altre volte.
Ora mi piacerebbe fare un viaggio con lui, prendere la macchina e andare da qualche parte. Invece starò 15 giorni in Grecia, in un campeggio probabilmente pieno di ragazzini appena maturati e vecchi pastori odoranti di sudore.
Ancora mi chiedo perché.
Il progetto mio, di Sean e di Clay di visitare tutta l'Europa prima dei 25 anni è miseramente fallito, perché i miei 25 arriveranno in agosto e quelli di Clay arriveranno fra due giorni.
Poi ci si è messa la comunità europea ad allargare il tutto e non abbiamo avuto abbastanza tempo.
In realtà quando fu istituito il piano di viaggio, non si pensava di andarsene di casa così presto, di tornare indietro così tardi, di andare a vivere in un altro paese e di avere un papà che faceva il ragazzino.
Una stronzata a testa e siamo tutti contenti.
E pensare che avevamo progettato tutto. Quest'anno per finire il giro, saremmo dovuti andare nei paesi del Nord. Si doveva finire in Norvegia. E non si dovevano visitare troppi paesi insieme, nella stessa vacanza.
E un paese andava visitato una volta solo, perché altrimenti non ci sarebbe stato tempo e non sarebbero bastati i soldi.
C'erano regole precise per i viaggi. Solo in tre, preferibilmente in treno ma niente interail e non ci si poteva fermare nello stesso posto per più di un mese.
Per cui era segnata la Spagna in estate e l'Irlanda a pasqua, il Belgio a capodanno.
In Belgio non ci siamo mai andati e in Irlanda ognuno è andato per conto suo.
Pensavamo di avere soldi e tempo per fare tutto. Io lo penso anche adesso. Di avere tempo intendo, poi magari un giorno mi sveglio e penso che tutto questo tempo non ce l'ho sul serio.
Racconto questa cosa dell'Europa a 25, perché ieri ho ritrovato una cartina. Di quelle che ti fanno comprare a scuola, quelle plastificate con l'Europa fisica su un lato e quella politica dall'altro. C'erano segnati dei grossi punti a pennarello. Con delle date vicino, con dei punti di domanda, con delle destinazioni alternative.
Di fianco a Capo Nord era segnato: "estate 2007"- Carlo fuori tempo massimo, unica eccezione.
Ora, non so quanto sia durata la reale convinzione di poterlo fare sul serio. Un viaggio programmato a 14 o 13 anni. L'estate tra le medie e il liceo. Non mi ricordo quando l'ho pensato sul serio e quando ho smesso di credere che lo avremmo fatto. Ricordo che forse ci ho creduto per un po’, perché avevamo più di 10 anni a disposizione.
Sean mi ha detto che lui ci aveva creduto per tanto e che si immaginava a trent’anni, dopo aver girato tutta l'Europa con amici sparsi in ogni parte del paese. Dice che si immaginava con figli ovunque, con una corrispondenza fatta di lettere e raccomandate in tutta l'Europa. Ancora non lo aveva il cellulare e aveva pensato che sarebbe stato noioso scrivere tutte quelle lettere in tutti quei paesi e a tutti gli amici che si era fatto.
E rideva quando me lo ha detto.
Abbiamo spedito la cartina a Clay, in una busta gialla. Gli ho scritto se lui si ricorda per quanto tempo ci aveva creduto.
E poi gli ho detto che quest'estate andrò in Grecia per due settimane. Chissà perché ma nella cartina c'era un grosso punto di domanda, sulla maledetta Grecia.

Borg arriva alla consapevolezza amara di aver vissuto una vita arida di sentimenti e priva di amore, dal fallimento del suo matrimonio al rapporto con la madre. Alla fine si addormenta, consapevole della sua vita e forse non si risveglierà più.

domenica 10 giugno 2007

Drin drin

"P-Pronto?"

"Laureeeeen?"
"Paul? Che c'è?"
"Niente, buonasera. Cosa fai? Io sono in centro e non trovo le sigarette, mannaggia"
"Io sono a letto, mi stavo facendo una pera di Tondelli, poi collassavo serenamente."
"Ah, senti, che devo fare per il concerto?"
"Ah, non lo so. Ma scusa , perchè?"
"Perchè se ci devo andare da solo, non ci vado, ecco perchè."
"Ah."
"..."
"Beh, allora vediamo se..."
"Se poi invece il tuo compleanno lo vuoi festeggiare a Portovenere, vai pure eh"

[portovenere? si ricorda che lo scorso anno l'ho festeggiato a portovenere?]

"Ah, nono, cioè non lo so, no , ma ora vediamo, direi di sì .."
"Lauren?"
"Sì, immagino di sì, direi di sì. Sì, vengo. Andiamo."
"Immagino? Parli come Ellis, ora? Pari matta."
"Senti chi parla."
"EH."
"Piuttosto, mi devi promettere una cosa però. Ci vengo, se mi prometti una cosa."
"Che?"
"Che non succederà qualcosa da qui al 7 luglio che ci impedirà poi di vederci.
Che ne so, una delle tue crisi da sparizione, o botte di schizofrenia acuta, sai?"
"Promesso."
"Davvero?"
"Promesso, fino all'8 luglio non farò il matto."
" Eh no, così dopo mezzanotte inizi a dar di fuori."
"Allora ti concedo un po' di margine. Diciamo fino al 9 mattina, va bene il 9 mattina?"
"Benissimo."
"Ho mangiato la carne di bisonte a cena, sai? Era quasi viva, tutta cruda"
"Hai sempre problemi col sesso, quindi."
"No,perchè? L'ho ordinata io, poco cotta."
"Ah."
"Ora sei tu ad avere problemi col sesso."
"Facciamo a turno?"
"Ovviamente."
"Ma veramente io non ho alcun..."
"Zitta, zitta, sai quel locale che mi dicesti 'trasuda cocaina'?"
"La terrazza? quello coi divani fuori?"
"Eh, ci sto passando davanti adesso, calcola."
"Bene."
"Aaaaah, come mi fai incazzare che non capisci quella cosa del bisonte"
"Ma l'ho capita, giuro ho capito"
"Va bene, poi il sette sera stiamo in giro per roma ubriachi, che dici?"
"Benissimo."
"Va be' dai, buonanotte."
"Buonanotte, Paul."

Ecco, questo è il riassunto , parola per parola, avverbio più , avverbio meno.
Se lui fosse una persona normale, io starei tranquilla e mi dedicherei all'entusiasmo del caso.
Visto che questa premessa è un'utopia, attendo in silenzio, mentre mi rendo conto con tristezza di quanta poca fatica impieghi a tenere a bada quegli slanci emotivi che sono sempre stati alla base del mio carattere, che sono sempre stati condizione necessaria e sufficiente per la ricerca costante e incessante dell'amour fou. Forse è solo crescita.
In tutto questo mi è tornato in mente un pezzo di un libro che ho faticato non poco a leggere,
me lo sono andata ricercare, e ve lo copio qui per la gioia di tutti gli astanti, anche se con il tema del post forse non c'entra granchè. Però ci sto pensando tanto.
Poi me ne vado in doccia, oggi ho lavato Feuerbach e ora sono da lavare anche io, com'era ovvio.

Quel che è peggio è che uno si chiede come l'indomani troverà quel po' di forza per continuare a fare quel che ha fatto il giorno prima e poi già da tanto tempo, dove troverà la forza per quelle iniziative sceme, quei mille progetti che non arrivano a niente, quei tentativi per riuscire nella necessità opprimente, tentativi che abortiscono sempre, e tutti per arrivare a convincersi una volta per tutte che il destino è invincibile, che bisogna sempre ricadere ai piedi della muraglia, ogni sera, sotto l'angoscia dell'indomani, sempre più precario, più sordido. Forse è anche l'età che sopraggiunge, traditrice, e ci annuncia il peggio. Non si ha più molta musica in sé per ballare la vita, ecco. Tutta la gioventù è già andata a morire in capo al mondo nel silenzio della verità. E dove andar fuori, ve lo chiedo, quando uno non ha più dentro una quantità sufficiente dsi delirio? La verità, è un'agonia che non finisce mai. La verità di questo mondo è la morte. Bisogna scegliere, morire o mentire.
Non ho mai potuto uccidermi, io.

[chloe cara, c'è uno splendido edificio nella foto a metà post. hai onore ed onere di dirmi cosa sia.]

sabato 9 giugno 2007

MI RICHIAMI TRA UN PAIO DI SETTIMANE?

Il ragazzo era partito bene.
Se non altro perché dotato dell'oggetto che più mi piace sulla faccia di un uomo.
Trattasi di occhiali.
E invece scende clamorosamente a meno 1000 punti quando all'interno della sua macchina lo scorgo senza occhiali. Inorridisco.
Dopo un paio d'ore e una piccola, oserei dire minuscola, quantità di alcol in corpo, gli chiedo se gentilmente se li può rimettere gli occhiali. E giuro che se li è rimessi. E' andato in bagno, ha tolto le lenti a contatto e si è rimesso gli occhiali che aveva lasciato in macchina.
Solo per questo è l'uomo della mia vita.
Non di questa forse.
In realtà ha semplicemente conquistato la mia simpatia mettendo Boys di Sabrina Salerno la prima volta che sono salita in macchina con lui.
E infilando uno dietro l'altro un altro paio di pezzoni degni di nota.
Sarebbe stato perfetto se avesse detto: "andiamo al cinema". Invece non l'ha detto e credo che non gli faccia nemmeno piacere andarci ma non si può pretendere tutto.
L'incontro è funestato (se non si fosse capito la parola del mese) dalla presenza del caro stronzissimo Victor, che decide che tornato da Torino per il weekend io debba essere a sua disposizione.
Complice l'ennesimo avvicinamento e l'ennesima infilata storica di stronzate che le mie orecchie hanno ascoltato la settimana scorsa.
Non basta dormire insieme (e notare prego che ho scritto dormire) un paio di volte per dimenticarsi di questo anno che definirei catastrofico.
Ritornando al ragazzo occhialuto e con grosse braccia (aggiungo dettagli poco a poco), è tanto simpatico e carino. Manca sempre qualcosa, probabilmente il fatto che non lo conosco per niente e mi riesce tanto difficile stare con chi non conosce una porzione almeno fondamentale della mia vita.
Sarà che praticamente sono abituata a stare con chi faceva con me l'asilo al massimo le elementari e questo invece lo conosco praticamente da pochi mesi e ci saremmo parlati 5 volte.
E non si può proprio comprendere la fatica che ho fatto nel non parlare di certe persone.
Alle 2 di notte credo di essere stata comicissima quando ho tentato di infilare la chiave nel cancello di casa. Quando è caduta nell'edera che c'è proprio di fianco al cancello.
Lui, tanto carino e gentile che mi apre la porta, mi fa passare prima, aspetta che sia entrata nel cancello prima di andare via con la macchina (ma esistono ancora?), scende e viene ad aiutarmi.
Le mani nell'edera certo non ce le metto, non vorrei mica toccare qualche carcassa di animale morto o cose simili dentro a quel groviglio di foglie verdi. Lui ci prova, scostando le foglie dal basso ma purtroppo le chiavi chissà dove si sono perse.
Così cerco di scassinare il cancello di casa mia, infilando nella serratura ogni tipo di chiave da lui posseduta e ogni tipo di bastoncino o matita o non mi ricordo cos'altro.
Grazie ad una chiave, credo della sua cassetta della posta, riusciamo ad aprire il cancello, in che modo non lo so e tanto meno so se la serratura si sia rotta ma finalmente entro nel cortile.
Ci risalutiamo con tanto affetto e mi dirigo alla porta. La faccia di mio padre non era altrettanto affettuosa quando ho dovuto suonare per farmi aprire. Mi ha aperto e mentre farfugliavo: ho perso le chiavi, mi sono cadute nell'edera, non riuscivo a vederle, scusa...", lui ha detto: "quand'è che torni a vivere per conto tuo?"
E poi è tornato a dormire aggiungendo: "Potevi suonare prima al posto di stare con il tuo amico per mezz'ora a distruggere la serratura".
Bene, potevi anche aprirmi al posto di stare a ridacchiare sul balcone.

Ammetto che alla terza volta che mi apriva la porta ho pensato: "guarda che le ho le mani." Ma non l'ho detto. Mi sa che questa e un paio di altre cose mi avrebbero repentinamente fatto scendere in classifica. C'è da dire che non esco con un ragazzo che non sia Victor o uno dei fratelli che non ho mai avuto da almeno un anno. Quindi poteva andare anche molto peggio. Nessun baratro verso il centro della terra.

mercoledì 6 giugno 2007

Fratture distorsioni e pilastri dell'infanzia

La classificazione delle fratture è un argomento molto vasto e completo, per cui proviamo a riassumere nei seguenti punti le fratture più frequenti e caratteristiche, con un occhio di riguardo per quelle che più ci servono per spiegare la situazione che ci coinvolge direttamente.

COMPOSTA (senza dislocazione dei frammenti) /SCOMPOSTA (con dislocazione dei frammenti): in rapporto all'eventuale spostamento dei segmenti fratturati si distinguono fratture composte, in cui i segmenti di frattura conservano la loro posizione anatomica, e fratture scomposte, in cui si verifica uno spostamento dei frammenti.
Chiaro che le fratture scomposte siano meno facili da trattare, sia nella fase della riduzione che successivamente, al momento della formazione di nuovo tessuto osseo.

CHIUSA/ESPOSTA: in base all'integrità o meno della cute vi sono fratture chiuse (in cui la cute rimane integra) e fratture esposte ad elevato rischio di infezione (in cui vi è lacerazione della cute ed esposizione esterna dell'osso). La lacerazione della cute spesso lascia grandi ed inestetiche cicatrici, se particolarmente esposta è difficile da ridurre, e può portare alla

COMPLETA/INCOMPLETA: a seconda che la frattura interessi tutto lo spessore dell'osso (frattura completa) o una parte di esso (frattura incompleta o semplice infrazione ossea).

STABILE/INSTABILE: quando subentrano forze deformanti come la forza muscolare che impediscono il contatto reciproco tra i due segmenti ossei si parla di frattura instabile. In questi casi verrà compromessa l'immobilità della frattura con conseguente ritardata guarigione. In caso contrario, in mancanza cioè di forze deformanti, si parla di frattura stabile.

SEMPLICI/PLURIFRAMMENTARIE/COMMINUTE: in base al numero di frammenti ossei prodotti. Se la frattura origina due frammenti ossei ben distinti si definisce semplice. Se invece origina numerosi frammenti prende il nome di frattura pluriframmentale o comminuta (presenza di più rime di frattura).

Potreste pensare che tutto questo possa andarsene dritto dritto nell'agendina del chi cazzo se ne frega. Forse, sì. Ma si parlava di persone importanti che si dimenticano - e anche di persone importanti a cui si mente pensando di far bene, volendo.
Così, la mia frattura completa esposta scomposta e perchè no, instabile e pluriframmentaria, aperta da 5 anni, stamattina ha lacerato le pelle un altro po', è il compleanno dell'uomo del mare, dagli occhi grigi e grandi come noci, compie 30 anni, direi che diventa grande, ma io di cosa gli sia successo in questo ultimo lustro non so nulla. Lui non vuole che io sappia nulla, immagino.
Per cui , nell'sms d'ordinanza che tutti gli anni cade nel vuoto, quest'anno ci sono solo dei semplici auguri a uno sconosciuto che mi auguro di incontrare di nuovo, e presto. E' arrivato un sms, di risposta, per la prima volta dopo 5 anni.
E' vuoto, non c'è scritto nulla, ma non credo lo cancellerò mai. E non credo potesse metterci dentro qualcosa. Ho sorriso e pianto, in treno, mentre tornavo verso la mia città.
Si dice che per gli uomini il grande amore sia sempre l'ultimo che hanno avuto. Che si ricordino a fatica di quelle prima, concentrati sull'ultima stronza che hanno incontrato.
Possibile. Beh, prima di quella che ha ora, ci sono stata io. Chissà di me cosa pensa, e cosa pensava.
Vorrei poterlo vedere, oggi, stasera, dire qualcosa, sentire qualcosa.
Maledetto teletrasporto che tarda a farsi inventare.Una scusa , una bugia, ma il reclamo non è ammesso e l'idea di continuare a vedersi e far finta di non esser mai esistiti l'uno per l'altra, mi dispiace, mi dispiace enormemente e non dipende da me, la pelle si tende sempre di più, l'osso bianco campeggia sulla carne ormai violacea, una specie di stele commemorativa, a guardar bene.
Mentre sono qui che commemoro i miei sentimentalmente estinti,ho pensato bene di andare a complicarmi la vita, provando a mentire a una delle sole 3 persone che mi capiscono appieno. Risultato? Una piccola distorsione, o poco più , guaribile in 48 ore, e per questo devo ringraziare la forza muscolare, e non la mia capacità di compiere gesti esatti, la forza muscolare che mi ha evitato la frattura, all'incirca ieri, è Chloe Byrnes.

Grazie per avermi costretto a realizzare che non so più mentire indistintamente a tutti.
Con alcuni, con quelli che hanno valore, non sono evidentemente più capace. E mi pare cosa buona&giusta.
Come dire Lauren è morta, Evviva Lauren.

E per inciso, quel gran pozzo di scienza che è Siamo fatti così mi ha insegnato che dove l'osso si è rotto , è 25 volte più forte, [chissà se è vero].


Ci vogliamo credere, prima di incontrare un altro uomo del mare.Ci vogliamo credere, che avremo ossa forti per tenerci in piedi dopo storie simili.
Chissà se vale per le distorsioni. Dovrò chiedere a Emo e Globina.

ALL'INCIRCA IERI

Elenco telefonico di Los Angeles, 1900

Ho ritrovato una cosa che avevo scritto a 12 anni. 1994.
Sono 26 pagine scritte con la macchina da scrivere di mia madre. Un'Olivetti verde con la custodia verde scuro. Non so dove sia finita, non so dove avevo messo nella mia testa il ricordo dei momenti in cui scrissi quella cosa.
La storia è trucidissima.
Un bambino che vede morire il cane che si trasforma in un mostro orrendo che gli compare in sogno, che lo prega di aiutarlo a salvarsi dall'inferno a cui è condannato, che dilania i suoi tre fratelli perché il bambino non lo sta ad ascoltare.
Finisce con tre puntini di sospensione. Tornò a cercare il cadavere del secondo fratello...
A 12 anni le parole che ho scritto più volte sono: inferno, sangue, anima e rosso perché la madre cade in un coma profondo su un divano rosso dal quale nessuno riesce a spostarla.
Devo averci messo un sacco a scrivere 26 pagine, le ultime scritte a mano con due penne diverse, ciò vuol dire scritte in due giorni diversi.
Eppure non mi ricordo.
Il momento fisico e preciso in cui mi sono seduta e ho appoggiato le dita sui tasti, il momento in cui ho pensato di dover scrivere quelle cose.
Completamente rimosso.
Ho ripulito la stanza, cambiato i mobili, colorato le pareti e quelle pagine sono saltate fuori da chissà dove.
Ne ho ritrovate altre, molte altre, ma di ognuna di quelle ricordo quasi tutto. Il momento in cui le ho scritte e il momento in cui ho pensato a cosa dovevo scrivere.
Invece di quelle no e mi chiedo da due giorni perché.
Ora vado via chiedendomi perché la mia memoria non funziona come voglio, perché nonostante mi sforzi tanto non ricordi un numero di telefono a memoria.
Perché giorni fa chiamando una mia amica ho avuto il bisogno di guardare il numero scritto su un biglietto.
Nonostante mi sia sforzata di ricordarlo a memoria, perché è una persona importante.
Le ho chiesto se secondo lei era possibile dimenticare le persone, a poco a poco, come le cose o i momenti.
Lei ha detto che ti scordi solo delle persone poco importanti, di quelle a cui tieni sul serio non ti scordi mai.
Ho pensato che fosse terribile ma non gliel'ho detto, non avrebbe capito. Sono le persone importanti che ti feriscono, quelle a cui pensi di tenere. E sono quelle che vorrei avere la capacità di dimenticare, di non portare nel mio futuro. E vorrei che i loro numeri fossero scritti in quell'elenco telefonico che ora è...

Ho fastidio se una persona mi mente più volte guardandomi negli occhi.
Ho rispetto per chi almeno scosta lo sguardo, chiedendomi in silenzio di non fare domande.
E domande non ne faccio, se me lo chiedi con quegli occhi fissi a terra.
Dovrebbe essere così tra chi si vuole bene, tra chi pensa di provare qualcosa, tra chi pensa di aver capito e invece non capisce.

domenica 3 giugno 2007

Parto partino? Certo certosa!



Sarà un post breve e indolore, non preoccupatevi. Tanto per ingannare l'attesa della partenza. Ok, è tanto che non faccio un post, viva son viva, troppo facile sennò, troppo comodo. Mi piaceva di più però, ultimamente, commentare i post degli altri ( muhahahaaaa!!!! ) che esser protagonista in prima persona, sulla pubblica piazza, tanto per non parlar di niente.
Via su, che tanto parto, e quando torno forse avrò la testa un po' più sgombra e mi produrrò in un superpost sulle mie ferie, su quanto sono state belle le mie ferie, su quanta gente ho conosciuto, quante cose ho visto, fatto, mangiato, assaporato, apprezzato, scoperto... tanto per comincare ho bisogno di rilassarmi un po', che tra un po' mi sto mangiando anche la prima falange! Io che volevo solamente andarmene a sgambettare tra le caprette in montagna con il mio Peter, ma mi giro un attimo e mi rimescolate tutte le carte in tavola, è mai possibile?!

Non riesco a smettere di pensare a lui neanche un minuto, a centinaia di ricordi ed eventi che mi sembrava addiruttura di aver rimosso, e ora mi scorrono continuamente in testa tipo filmino, nemmeno stessi morendo. E' la fase di elaborazione del lutto per la perdita, lo so bene, ma fa un male, babba bia se fa male!!

Ripensare me stessa.

Care bimbe, finisco di mettere in valigia due o tre cose e poi via, alla ventura. Aggiorniamoci via sms e spero di leggervi dall'internet point dell'hotel.