PRIMO E ULTIMO POST DEDICATO A VICTOR
voci del popolo: lo dici da anni
CAPITOLO UNO
lo schizofrenico
Quando prima di partire per quattro settimane per le sue abituali vacanze in Spagna mi disse, che nonostante non stessimo più insieme, prima o poi saremmo tornati a condividere qualcosa , può anche darsi che ci abbia creduto.
Forse è stato il suo non specificare cosa, che rese l'intera conversazione oscurata da un'aurea di pesante incertezza che mi fece credere di avere qualcosa di irrisolto a cui pensare.
Mi disse, con più chiarezza, che ora, per colpa mia, non era il momento adatto per stare insieme ma che l'amore, quello vero a suo avviso, ha bisogno del tempo giusto per maturare. Io ero il verme dentro la mela che lui voleva tanto mangiare perché nonostante la dichiarazione più strappalacrime del mondo dopo sole tre settimane al telefono mi disse che non era da tempo innamorato di me ma bensì dell'idea di esserlo. Perché sai, cara passata donna della mia vita, è bello credere di sentirsi innamorati solo per avere il gusto nel microneurone che mi è rimasto di sentirmi ancora capace di provare emozioni che escano dal letto.
In sintesi, mi sa che non ti amo più e che non lo faccio da tempo.
Ora vado a divertirmi in questo villaggio spagnolo pieno di ragazzine pronte a cadere ai miei piedi.
CAPITOLO DUE
il singhiozzo del morto
Quando l'anno scorso prima di partire per quattro settimane per le sue abituali vacanze in Spagna, mi disse, che nonostante non stessimo bene da un po’, lui non mi avrebbe mai e poi mai tradito può anche darsi che non ci abbia creduto.
Trovarsi davanti al fatto compiuto è cosa ben diversa dall'avere, con coscienza, il sentore di ciò che è successo in realtà. Poi ti ho tradito e poi no me lo sono inventato per farti ingelosire e poi scusa pensavo avessi quindici anni ma mi sa che sei un po’ più grande e magari a tutte queste stronzate non ci hai creduto.
Magari.
Così ciao, lasciamoci per l'inverno sempre per colpa tua, perché sei fredda e non apprezzi il mio costante starti attaccato al sedere e fare il fidanzatino perfetto a sforzo. Quindi ci lasciamo, per colpa tua.
E poi per mesi io non esco con nessuno, tu non esci con nessuno e saremo fedeli nella morte del nostro rapporto.
Così feci, così fece pure lui e la differenza effettiva era che facevamo solo finta di non stare insieme ancora, per l'ennesima, noiosa e inutile volta.
CAPITOLO TRE
il weekend da sordomuto
Quanto tre mesi fa prima di partire per il weekend con il suo coinquilino per una festa, mi disse, che nonostante stessimo ancora insieme e felicemente da ben due settimane (puntualizzo il record), lui sarebbe andato chissà dove io effettivamente mi incazzai un po’.
Poi di gridare o cose del genere non mi sento in grado e passai sopra. A tale Chiara o chissà qual era il suo vero nome, scavato in profonde conversazioni di amici al bar, in cui tutti sanno che ma tu fatichi a capire cosa sappiano sul serio.
Rivolgendomi al solo grande consigliere Sean che confessò l'amara certezza di essere stata poco silenziosamente tradita per ancora una volta. E se si sa il nome, l'indirizzo e tante altre cose è perché è più di una volta.
CAPITOLO QUATTRO
il cane strisciante
Quando due mesi fa prima di partire per un altro weekend con il suo coinquilino per una festa, mi disse, che nonostante non stessimo più insieme dopo la storia della tizia con la quale era scappato per un weekend, lui doveva partire e non sapeva a chi lasciare il cane, ho guardato quel cane vecchio e ho sorriso.
E nonostante io provi simpatia per quel coso marrone che striscia decisi di girare le spalle e tornare a casa mia con la scatola delle mie cose che mi era appena stata gentilmente recapitata.
E infine il cane andò a vivere per parecchio tempo da Sean che non fu certo felice di ospitarlo.
CAPITOLO CINQUE
la telefonia giova al nostro rapporto
Quando nove mesi fa prima di tornare dalla Spagna con i suoi amici, mi disse, che era colpa mia se non stavamo insieme e che ero io la stronza che non faceva nulla per portare avanti il nostro rapporto, ci credetti e per molto tempo mi sentii una gran brutta persona.
Per molto mi sentii la persona glaciale e insensibile, così come mi descriveva lui.
Poi tornato dalla Spagna non ricordo se quella volta ci siamo rimessi insieme o meno.
E meno male che c'è il telefono perché ora che sto a Torino sarebbe difficile sentirsi tutti i giorni. Ma tu non rispondi mai al cellulare e non rispondi alle mie penose mail melense e allora cosa ho fatto a fare l'abbonamento che pago di meno a chiamare il tuo numero?
CAPITOLO SEI
il supplizio finisce
Quando questo pomeriggio tornato dalla Spagna con i suoi amici, mi dice, bello e abbronzato, che forse sai stiamo insieme ancora una volta tanto per lasciarci ricordandoci l'uno dell'altra, ho pensato seriamente di impazzire.
Sarà perché avevo mal di testa, perché avevo preso dei farmaci che non dovevo e avevo tutte le percezioni sensoriali sballate ma non mi ricordo se ho vomitato o riso.
Forse entrambi o magari nessuno dei due.
Le pupille dilatate e gli occhi che si chiudevano per cercare di capire bene chi avevo davanti.
Però mi ricordo che alla fine di tutti i discorsi, supplizi veri per chi è dotato di più di due neuroni, mi ha riaccompagnato a casa, a piedi (senza macchina quindi).
Ah, perché lui si è sempre sentito inferiore a me, alla mia capacità razionale, alla mia cultura, a chissà che altro.
E allora me lo ricordo che in quel momento a quelle frasi in cui io ero sempre la stronza e ci stavamo definitivamente lasciando sempre per colpa mia, ho provato un senso di repulsione per me stessa ai massimi livelli. Poi credo di averlo respinto, spingendolo nella siepe vicino a casa.
E poi ho detto che era bene se tornava a casa sua.
Io sono andata in casa e sì mi ricordo che lì ho vomitato sul serio.
CAPITOLO SETTE
gli amici ti consolano
Ho chiamato Clay, a Londra. Pensando che la distanza Milano-Londra fosse in qualche modo uguale a quella di due porte sullo stesso corridoio e mentre stavo nel peggiore degli stati comatosi tendenti al febbrile ha enunciato le seguenti verità: mi pare, che non ti potessi aspettare altro da uno così.
Grazie.
Ho detto: spero se ne vada a Torino al più presto
E lui: non credo ti faccia bene sperare sempre che siano gli altri ad andarsene. Così mi pare troppo facile.
Grazie, di nuovo.
Fai come me che sono andato via e che ora sto bene, hai sempre paura di cambiare la condizione in cui vivi.
Grazie ancora.
E per finire, è sempre colpa mia se lui, Victor, ha deciso di comportarsi in questo modo e in fondo cosa mi potevo aspettare?
Ora andrò all’inferno per tutte le colpe che mi sono presa in questa lunga, banale e inutile storia?