giovedì 31 maggio 2007

SCUSI, E' OCCUPATO QUESTO POSTO?

Sottotitolo. Leggi sul biglietto il posto che ti è stato dato vecchietto semicieco.
In tv l'allarmismo regna sovrano.
Si dice che la prossima guerra sarà per l'acqua. Io penso: "ancora dobbiamo risolvere quelle per il petrolio perché non parlano di quelle?"
E comunque la cultura del presente è senza dubbio assente.
A parte che se devi parlare di un marito che uccide una moglie, allora sì che ti ci fiondi nel presente.
Hanno scarcerato Corona e io ne sono stata felice.
“In fondo se una condannata a sedici anni di galera per aver ammazzato un figlio è fuori che fa da baby-sitter non vedo perché lui deve stare in prigione.”
Così ha detto il mio nuovo vicino di casa, ex agente del Sisde ora addestratore di future spie sparse per il mondo.
Poi le spie sono interessanti come personaggi.
Ora hanno fatto un film su quella che si è presa il plutonio e chissà se non fosse stato un documentario a chi avrebbero fatto fare la parte di Scaramella. Secondo me nella parte della spia sarebbe stato perfetto Raul Bova, solo con il suo ritrovato accento siciliano per aggiungere un tono come dire, volgare, all'interpretazione.
Sono andata a vedere Zodiac.
Il film non è male, gli attori di una bravura disarmante e pare che al povero Robert Downey jr non facciano più fare un film se non è ricoperto di peli ovunque. Robert ti rivogliamo glabro e giovane non con la barba o ricoperto da strane pellicce che poi regali a Nicole Kidman.
Mark Ruffalo nella parte del poliziotto è meraviglioso. Il migliore del film. Poi viene da pensare che alzarsi al mattino vicino ad uno così farebbe un piacere grandissimo. Io mi accontento anche di Robert senza barba e senza inclinazioni opposte alle mie.
L'altro, quello giovane, quello che dovrei amare e a cui dovrei riservare i miei gridolini post-adolescenziali è bravo pure lui. Dal cognome impronunciabile, fratello della grande Maggie, quella che faceva la segretaria in Secretary, si merita la mia stima ma è lo sguardo da pesce lesso con limone in bocca che lo tradisce. Forse nella parte che fa ci sta tutto e non mi sento di biasimarlo per averlo usato così tante volte.
Il caro regista David Fincher, l'unico che per ora registra il merito di aver fatto un film superiore al libro da cui è stato tratto, è un po’ assente.
Vai a vedere un film di Burton e ti aspetti un certo tipo di film, di immagine, di luce, di effetto. Vai a vedere un film di Spike Lee e ti aspetti delle cose. Spike io ti ho sempre amato, fin da piccola piccola, un giorno lo dovrai sapere.
Vai a vedere un film di Fincher e ti aspetti un certo tipo di costruzione dell'immagine, che invece è del tutto assente.
Ci sono solo tre scene che ti fanno dire: grande David, ora ci sei, ora ci piaci!
E sono la ripresa dall'altro del taxi, che però fa molto Michael Mann in Collateral anche se, per grazia divina, niente Tom Cruise ingrigito e cattivo anche se la macchina da presa è la stessa ma David la sa usare molto meglio di Michael, la scena in cui negli uffici del San Francisco Chronicle compaiono le lettere delle parole scritte da Zodiac in giro per la stanza e in movimento e poi la scena in cui il palazzo viene costruito ad indicare lo scorrere del tempo. E' banale ma quella scena è bella, bravo.
Il film è lungo, non lo consiglio a chi regge la canonica, ormai non più canonica, ora e quaranta.
La parte centrale pecca per mancanza di ritmo e si sente abbastanza soprattutto quando vengono tolti di mezzo il giornalista e il vignettista e si passa solo a seguire le imprese dei due poliziotti. Che per quanto Mark Ruffalo sia bravo e bello, non regge più di un'ora praticamente da solo.
La fine è ben fatta. Gli ultimi trenta minuti, forse anche di più, sono pura gioia da spettatore. E' lì che dici che quei 7,50 euro sborsati valgono il film.
E' lì che la tensione non così alta per tutto il film arriva alla sua conclusione che effettivamente non è una conclusione.
Hai raccontato vent'anni e ora li finisci lasciando un punto di domanda che nessuno potrà risolvere.
Lì Jake Gyllenhaall regala il suo meglio. Robert ormai l'hanno fatto fuori.
I dialoghi sembrano a volte interminabili con riprese sempre dentro agli stessi uffici e i soliti cinque personaggi che parlano, parlano, parlano.
Alla fine è un film che per certi versi, sulla carta, non può essere noioso, perché c'è un assassino, c'è più di una vittima, c'è una città sotto shock, c'è la minaccia ai bambini, ci sono attori bravi e belli che indagano sul caso e ne diventano ossessionati.
Purtroppo è la mancanza di sospettati e la consapevolezza, sia dalla cronaca reale che dall'indirizzo che prende il film, che il delitto sarà senza castigo.
Tanto non si sa chi è Zodiac, sospettiamo fino alla fine il colpo di scena e forse da uno di questi interminabili dialoghi capiremo qualcosa di più ma non arriva nulla e lo sappiamo ancora prima di sederci sulla poltrona.
Non è un film su un serial killer che recita, inneggiante nella sua psicosi "ammazza, ammazza, ammazza" davanti allo specchio. E' pur sempre un film sulle ossessioni umane viste da un punto diverso rispetto a quello che in teoria dovrebbe essere il vero protagonista.
E' un mondo di ossessivi compulsivi, direbbe mia madre.
Io mi sento di consigliarlo comunque.



lunedì 28 maggio 2007

Boogie

Due note e il ritornello era già nella pelle di quei due il corpo di lei mandava vampate africane, lui sembrava un coccodrillo… i saxes spingevano a fondo come ciclisti gregari in fuga e la canzone andava avanti sempre più affondata nell’aria…
-ci si riconosce subito, quando si è della stessa specie- ribadisce anche lui , anche se ancora non mi è chiaro davvero quale sia precisamente, questa mia specie d'appartenenza.
Risponde alla mia domanda "come hai fatto a capire che saremmo stati così bene dopo soliodieci minuti passati insieme?", e aveva ragione, non so come diavolo abbia fatto ma aveva ragione.
Passa il tempo, nella maniera migliore, intervallato da chiacchierate lunghissime e piacevoli, tra la musica, gli anni ottanta, la situazione della mia città e della sua, il buco nell'ozono etc etc anche se poi a pensarci bene non passa davvero, è come sospeso, ho persino spento il telefono , che nessuno chiami, per pietà.
Che Lui non chiami, per pietà.
Mi sento bene oggi, molto, ho indosso una gonna lunga e rossa, il rossetto rosso e lo smalto rosso, è il mio colore di festa il rosso, è il mio modo di dire 'Sono al mondo e non so per quanto, ma adesso, beh per adesso mi piace da morire',
quei due continuavano, da lei saliva afrore di coloniali che giungevano a lui come da una di quelle drogherie di una volta che tenevano la porta aperta davanti alla primavera…
Una gonna rossa, un vestito rosso
, come le donne dei quadri di Vettriano, ammantate di rosso, di desiderio, di tempo sospeso. Come vorrei essere io. Andiamo al ristorante e non rimetto gli slip.La gonna rossa basta e avanza, mi dico. Sorride, mi fa sentire bene, avere un complice non è poi quel che chiedo sempre?
Due gatti e due cani e un giardino insospettabile per la zona in cui ci troviamo e un fiume che non sembra neanche quello a cui sono abituata e lui sorride e mi racconta un sacco di cose e mi restituisce a me stessa con i suoi occhi nuovi e accesi e io faccio la capricciosa poi la dolce poi l'offesa poi di nuovo la dolce poi di nuovo e scappargli via in un flamenco di tacchi e ruotare la gonna e sull'amaca da due e il cane e ridere e ridere e.
quei due sapevano a memoria dove v
olevano arrivare…
Ceniamo e glielo chiedo, gli chiedo come fa chi ha la nostra stessa natura a tenere in piedi dei rapporti, ad avere dei figli , e se c
rescendo si peggiora. Mi risponde con cognizione di cauda, motivata dall'esperienza, e mi dice che cambia sì, a un certo punto la vaga sensazione che il modo di condurre le cose non sia quello realmente giusto, fa capolino . - Ma spero di poter vedere più avanti come sarai, come ti comporterai tu - , mi dice, come a farmi presente che non sarà questa l'unica volta che passeremo del tempo assieme, e che il tempo , quello stesso tempo che io ora e qui non avverto , cambierà il mio modo di rapportarmi a fedeltà monogamia fiducia e in generale al pacchetto buoni sentimenti.
Dice che pur essendo la stessa specie, ognuno di noi ha un modo per "redimersi" diverso da quello dell'altro, ossia ovviamente anche noi prima o poi troviamo LA persona , ma reagiamo in maniera diversa, complici l'età, il sesso e soprattutto il carattere.
Potrei obiettargli subito che tra la sua maniera e quella del giornalista, non mi pare corra poi tanta differenza, e invece devo zittirmi , perchè ce ne corre, nonostante tutto, ce ne corre eccome, e poi per una volta, dico una volta, sento di dover evitare di fare la ragazzina scassapalle e stare a sentire chi ne sa per forza più di me.

La mattina mi sveglio con due sole ore di sonno sulle spalle, ma non sono stanca, semplicemente non mi va di lasciare che il tempo ricominci a scorrere, e mentre lui si fa la doccia, scendo giù a giocare coi cani, la gonna che si gonfia per il vento carico d'elettricità che si sta alzando, i piedi sull'erba, le risa che gorgogliano. Mi prende in giro dalla finestra del bagno, alzo la testa e gli sorrido, fossimo altri, fosse questa la mia vita reale nel tempo reale e non in quello sospeso, forse sarei felice, oggi.
Ci sono stati quei due momenti -precisi- in cui ho pens
ato a un altro, che non era Lui.
Ma mi sono sbrigativamente detta di farla finita, e ho rimesso giustamente i miei pensieri in carreggiata. Semplicemente, scrollando le spalle, ho registrato a margine di averci pensato.
Quando gli parlo di Lui e di tutto quel che è successo e non successo di quanto mi manchi e mi distrugga come e quando vuole, A. in risposta sorride e non consiglia, sorride e non mi segue, decide di lasciarmi stare , decide - glielo leggo in f
accia - che "mi passerà" anche questa, anche questa stupida testardaggine lascerà posto alla donna che diventerò, che mi piaccia o meno.
Per un attimo mi incupisco pensandoci, ma è solo un attimo.
Lasciamo quel posto splendido, siamo in macchina , il tempo reale ora incombe, e perchè no, anche quello atmosferico, e mentre in motorino raggiungo la libreria realizzo che se l'acqua mi inzuppa la gonna, finisce che diventa trasparente, e presa dal panico mi schiaccio addosso la borsa, rischiando di finire per terra.
Poggio il tacco a terra, tessuto rosso raggomitolato in grembo per non fare la fine di Isadora Duncan, sento l'adrenalina e mi fermo.Mentre riparto, e il battito si normalizza, penso che forse è giusto sbagliare così, se i rischi sono calcolati e se si è pronti ad affrontarli, se mai si presenteranno. Non ho mai creduto che il tempo sospeso non avesse un prezzo, per entrambe le parti, credo solo che potrò pagarlo, come ho fatto con altre felicità prese in prestito. Non sono mai stata tanto attaccata alla vita.
era un mondo adulto,
si sbagliava da professionisti...

già, come dice il buon Conte,
Boogie Woogie.

domenica 27 maggio 2007

DIARIO DI UN WEEKEND MILANESE

E' lungo ed inutile, procedete oltre se volete.

Ore 20. aperitivo, in ritardo
Il negroni fa troppo ubriaca ancora prima di mangiare e allora birretta. La birretta fa provinciale con la pancia e allora cocktail di frutta che fa tanto ragazza attenta alla pelle.

Ore 21. cena
La mia amica F. vive vicino allo stadio di San Siro. Una zona di merda. Casino ogni weekend dice lei. La signora che incontriamo prima di prendere l'ascensore dice che quando c'era il concerto di Ligabue i muri tremavano. Prima che mettessero i limiti ai decibel che può sparare la chitarra del liga o la panza da birra di Vasco. O il passo di Mick Jagger se questa è la tua estate fortunata.
Le si è rotto un piatto che aveva appeso al muro. Che cazzo te ne fai di un piatto appeso al muro ci sarebbe da obiettare ma vedendo la mano che trema mentre preme il pulsante numero 3 ci sarebbe da obiettare se sia stata veramente colpa di Lucianone.

Ore 22. rapporti sociali
Gli amici della mia amica sono simpatici. Leggono Ellis come me e ciò ci regala un argomento di discussione. Io non parlo di libri, non mi piace e non mi metto a fare l'elenco dei libri che ho letto come il tipo che dopo tre secondi dice: bella lì.
Bret e bella lì nella stessa frase producono in me un repentino bisogno di vomitare.
Altrettanto repentino è il bisogno di chiudere ogni forma di socialità con questo gestore di risorse umane.
I gestori di risorse umane hanno la stessa formazione dell'addetto al reparto carne dell'Esselunga, solo che guadagnano di più e non hanno le mani che puzzano di sangue.

Ore 23. usciamo giovani!
Uscire, uscire, uscire.
Andiamo in questo posto, no in quest'altro.
Noto con piacere che le stesse cose che si facevano quando a 16 anni si perdevano le serate a decidere dove andare ci sono anche ora.

Ore 24. Invecchiamo
Ancora non abbiamo deciso dove andare. Intanto, seduta sul divano, bevo il millesimo bicchiere di vino. Tanto il vino l'ho portato io.

Ore 1. timbrino cool
Siamo in un locale e mi fanno il timbrino sulla mano. Fa caldo però e l'inchiostro si scioglie sulla mia pelle. Bevo cuba libre che il mojito fa troppo menta spiccicata tra i denti.

Ore 2. cuba the best
Bevo Mojito perché il secondo cuba libre non era buono. Il mojito fa schifo ma il barista dice che non lo devo pagare. E sono contenta. E lo bevo sentendo salire tutta la sbronza che tento di tenere sotto controllo per altri 3, 2, 1 secondi.

Ore 3. Il buio

Ore 4. La luce nel buio
Sono fuori dal locale. Sono seduta in macchina. No, ora seduta su scalini di pietra. Parlo con il tipo che legge Ellis che parla di non so quale libro e quale scrittore. Gli dico che non lo conosco e lui dice: "sul serio? Non è possibile".
Poi appoggio la testa sulla sua spalla e credo di addormentarmi. Fino a quando sento la sua mano sulla mia pelle e mi alzo. Barcollando.

Ore 5. Il letto
Sono a casa e mi sdraio. La stanza gira e penso a quanto mi sarebbe piaciuto stare a casa tutta la sera invece di bere tutto quell'alcol. Saluto la mia amica che mi dice: "carino L. (il tipo di Ellis), sembra tanto tenero".
E' palesemente più ubriaca di me.
E mi viene in mente una battuta che faceva sempre una mia amica quando ero più piccola e veramente giovane, ogni volta che qualcuno diceva questa cosa della tenerezza. Ma non la posso scrivere che è troppo volgare.

Ore 15. La vecchia con la stampella
Mi alzo e accendo il telefono. Hai 5 chiamate perse. Una del tipo di Ellis. Gesù, ha il mio numero di telefono e io il suo. 4 sono del mio amico architetto che dovevo vedere a pranzo.
Così mi vesto in fretta, mi lavo i denti ed esco. Prendo la metropolitana e vado a casa sua. E' lì con la pasta fredda e scotta che mi grida dal balcone mentre corro cercando di non cadere addosso ad una vecchia con la stampella. Mangio un fruttolo e poi mentre mi sta accompagnando a casa mangio un pacchetto di cracker possi che ritrovo sotto al sedile della macchina.
Discuto su quanto abbia passato una serata inutile. E tu? Ho guardato un film, esco stasera.

A casa muoio silenziosamente.

Ore 19. (di domenica)
E' tornata la mia amica dall'Irlanda. Noto che non ha perso l'abitudine di usare un trucco pesante. Io non le sopporto quelle che si truccano tanto, mi infastidiscono. Non è che se hai gli occhi azzurri devi avere 10 cm di roba azzurra sulle palpebre. L'ombretto azzurro fa tanto anni '80, come il ciuffo con la lacca.
Ancora aperitivo.

Ore 20. ancora alcol?
La mia amica tornata dall'Irlanda ci intrattiene con uno spettacolo che potremmo definire "dizionario illustrato dei luoghi comuni". E' un bello spettacolo, un pò carente sulla scenografia ma pare ben scritto.
Innanzitutto la Guinness che c'è in Italia non è la stessa dell'Irlanda, ha proprio un sapore diverso.
I tedeschi sono un popolo freddo, non si capisce niente quando parlano e poi sono tutti nazi.
I francesi hanno la puzza sotto il naso e schifano gli italiani e chi non parla francese.
E gli irlandesi sono tutti ubriachi, perché la Guinness non ha lo stesso sapore di quella italiana.
E i meridionali sono un popolo veramente caloroso.
A Milano se la tirano tutti e sono tutti zarri travestiti da fighetti.
E olè.

Ore 21. annego nel fiume
Perché cazzo non ho bevuto? Così ora sarei ubriaca e la reggerei meglio questa domenica sera. Resta da chiedersi se sia normale considerare amica una persona che torna dall'Irlanda dopo 3 mesi e non avere niente di niente da dirgli.
Intanto ho conosciuto il mio corrispettivo maschile. Più corrispettivo di A. che fino ad ora era "il corrispettivo commercialista" come lo chiamavo io. A. non mi chiama da ben 8 giorni, sospetto donne sotto di lui all'orizzonte. Il mio nuovo corrispettivo si chiama anche lui A. ma il seguito del nome non è lo stesso. Comunque è come me, senza tette e capelli lunghi (per non dire altro), dice le cose che penso anche io e ha il mio stesso atteggiamento alla vita.
A parte il fatto che è laureato in informatica è perfetto. Già gli voglio bene.

Ore 22. futuri rapporti ...
Hai 1 nuovo messaggio.
"ti va se ci vediamo domani sera?"
Solo se mi vieni a prendere con la smart color pisello transgenico e se ti metti la polo rosa però non esco mai di lunedì sera. Mi basta il weekend. Ciao.
Segue inutile discussione che ho provveduto a cancellare dalla mia memoria breve. Per quella a lungo termine credo dovrò attendere la vecchiaia.

Ore oggi. Angolo della sincerità.
In realtà sono solo stanca della gente che parla solo di se stessa.
Zitta tu che infarcisci il blog di cazzi tuoi.
Puoi anche non leggere, nessuno ti obbliga.
Sono anche stanca della gente che mi dice sempre che sono io quella sbagliata in questa rete di relazioni e che il filo teso e duro che regge tutta la struttura va in una sola direzione. Non è colpa mia se siete mosche che restano impigliate nella tela tesa e rigida da quell'unico filo. Nessuno vi obbliga a passarci sopra e a restarci impigliato con le vostre zampe.Poi, io non vi mangio, però nemmeno vi libero di mia spontanea volontà. Ingegnatevi e volate via se siete scomodi.

Per il resto penso ogni giorno a Victor, che mi ha lasciato un mese fa. A tutte le parolacce che si merita che non riesco a dirgli.

giovedì 24 maggio 2007

SUVVIA UNA VECCHIA INUTILITA' PER UNA NUOVA VACUITA'

trad. Suvvia una vecchia verità per una nuova bugia.

Rileggo con insistenza tutti i libri di Hemingway in prospettiva di...
Hemingway è un grande scrittore e non capisco se mi piaccia o meno. Credo di aver letto almeno 3 volte Fiesta, sempre per la prospettiva di cui sopra, ne conosco alcuni passaggi a memoria ma
fatico a capire se mi piaccia o meno.
Inorridisco al pensiero di non saper esprimere un'opinione molto semplice (inorridire è la parola della settimana). In realtà è perché pur avendo una laurea in sociologia non potrò mai fare l'opinionista e andare in tv.
Se mi chiedessero che libri portare su un'isola deserta non so se ci porterei Hemingway.
Oppure nella classifica dei primi 5 scrittori preferiti non so se lo metterei. In verità non so nemmeno gli altri ma forse Hemingway non lo metterei.
A 10 anni ho imparato a memoria lo Scarabeo d'oro. Avevo letto Fahrenheit 451 e pensavo sul serio di dover imparare libri a memoria. Leggere Poe a 10 anni è oltremodo devastante. (devastante era la parola della settimana scorsa).
Fahrenheit 451 è uno dei peggiori film di Truffaut. E' un film immobile. C'è da confessare che la scena della vecchia che brucia mi faceva parecchio paura.
Non al pari di alcune scene di Lynch. Ma mi sembra chiaro.
Forse sull'isola deserta porterei i film di Lynch.
C'è da dire che il cinema è oltremodo (parola della settimana prossima) un'arte moderna in ogni senso.
Pensiero comune.
Sono su quest' isola deserta, con forse il libro di Hemingway e tutti i film di Lynch. Apro il forse libro di Hemingway ed inizio a leggerlo. Un oggetto, due occhi e una capacità di comprensione di certi simboli.
Poi prendo i film di Lynch.
Sull'isola la corrente non c'è e non c'è un oggetto per poterli vedere. Il cinema è un'arte decisamente complicata.
Certo anche le parole.
Fate viaggiare nel tempo un quadro e due uomini primitivi lo guarderanno con stupore. Fate viaggiare l'intera opera di Lynch nel tempo, in formato vhs (il peggiore) e gli uomini primitivi mentre ammirano il quadro si puliranno con la pellicola.
E non ho scritto cosa. Magari le mani dopo aver sgozzato un cervo. O un mammut che fa più preistoria del cervo.
Oppure ci faranno dei vestiti.
Se fate viaggiare un cd o un dvd probabile che lo usino per sgozzare il cervo. Può essere anche tagliente se spezzato nel modo giusto. Sgozzare un mammut con un dvd rotto la vedo un pò più complicata.
Se fate viaggiare nel tempo il libro di Hemingway propabile che si
puliscano anche con quello.
Dipende se sono già arrivati gli arabi o i fenici. Che comunque non erano certo primitivi.
L'arte figurativa, come la pittura e la scultura, è l'arte con meno barriere.
Per cui anche se prendo un libro di Hemingway in tedesco ho lo stesso problema di comprensione del primitivo che si trova Mulholland drive tra le mani.
Forse si dovrebbero imparare i quadri a memoria, che sono decisamente più universali dei libri.
Imparare a riprodurre per bene un'immagine e al posto di essere uomini libri dovremmo essere
uomini quadro. Se poi sei Pali blu di Pollock mi rendo conto che ti è andata un po’ di sfiga.
Io voglio essere un quadro di Caravaggio perché a me quel tipo di arte non piace molto ma sarebbe una figata essere Davide con la testa di Golia.
A mio padre piace l'arte fiamminga e mi portava alle mostre. A sedici anni andai ad una festa e
baciai un ragazzo tanto carino, mi ubriacai per la prima volta. Il giorno dopo mio padre mi portò
a Cremona per vedere una mostra di Bruegel. Bruegel lo odio. Mi aveva fatto paura e aveva funestato il mio ricordo adolescenziale. Perché poi avevo vomitato all'autogrill durante il viaggio dicendo che era per il mal d'auto.
E pensavo veramente che lui avrebbe potuto crederci.
Attenzione che arriva il senso del post.
Non è vero, è bugiardo come l'arte questo post che notoriamente non ha senso. Come ritrovare un mammut con un pezzo di dvd nella carotide.

E' chiaro a tutti che il dvd in questione è Velluto Blu.

Tra parentesi (quadre)
Inonderò il blog di questa roba se non tornate a scrivere. Sono di nuovo insonne e sono in grado di scrivere almeno 10 pagine così in Times New Roman 12, se mi impegno anche 10.
Fate voi. Prendete i dovuti provvedimenti.

venerdì 18 maggio 2007

CREDO CI POTREI VIVERE

L'aeroporto è un luogo pieno di gente a qualsiasi ora.
All' inizio degli anni 2000 rimasi bloccata per ben cinque ore in un aeroporto inglese. Dopo molte ore, vagavo con la valigia senza ruote della mia amica in un carrello della spesa per la città.
Era notte, era buio e Londra è una città che sa essere molto inospitale se hai vent'anni e se non sai dove andare.
Così, prima di trovare la sistemazione che salvò la nostra virtù, pensai di prendere un autobus e tornare all'aeroporto. Tanto lì c'è sempre luce, c'è sempre gente, non sembra ci siano pericoli. Ne ero convinta quella sera e me lo ricordo lucidamente.
La sedia imbottita dell'aeroporto ci avrebbe salvato la notte, poi che la salvò il tipo pakistano che affittava stanze è un altro discorso.
Per dire che ieri sera sono andata all'aeroporto.
Sono andata in uno di quegli aeroporti grandi, in cui per passare dal terminal 1 al 2 devi prendere la macchina o l'autobus.
E poi, di notte, con le luci al neon che toccavano i miei occhi ho visto occhi conosciuti illuminati dalla stessa luce.
E ho pianto.
Sono talmente emotiva ultimamente che finisco per disprezzarmi da sola.
Piangevo silenziosamente ancora prima che il suo aereo atterrasse. Mentre il mio amico che mi accompagnava minacciava di chiudermi in bagno se non avessi smesso di essere così, come dire, femminile, come ha detto lui.
Perché a volte la capacità di controllo verso lo stronzo che hai di fronte finisce per restare accecata dalla luce al neon dell'aeroporto.
Poi abbiamo preso un caffè in un moderato silenzio. Non piangevo più ma non saprei descrivere la forza con cui volevo farlo.
In macchina, la statale che abbiamo preso per tornare a casa era poco illuminata, non come il baracchino in cui abbiamo preso due birre che ci ha salutato come fossimo alieni.
Il mio amico tornato da un altro pianeta mi ha accompagnato al cancello e ha preso la mia posta dalla buca in cui c'era un giornale di viaggi e una lettera della biblioteca per un ritardo di restituzione.
Mi ha chiesto: "sei felice?"
E io ho pensato: "due ore di aereo per dire questa stronzata, riposati che è meglio."
Ma ho risposto non lo so, come risponderei se mi si chiedesse un'altra cosa.
Alle 4 di mattina, mentre ancora non avevo varcato quel cancello mi ha chiesto: "se tornassi qui vivremmo ancora insieme?"
E in quel momento ho avuto la precisa voglia di sparire.
Credo di aver scosso la testa da destra a sinistra mentre gli occhi guardavano le mie scarpe non più bianche e le sue blu.
Perché per distruggermi ti ci sarebbe voluto molto meno che farmi avere la speranza, anche solo per il tempo che hai impiegato a pronunciare quella domanda, di poter cancellare questo anno appena passato.
Un anno fa avete preso le decisioni più importanti della vostra vita e io ne ho subito le conseguenze. Avrei potuto rialzarmi con eleganza ma ancora non ho capito bene quale piede devo appoggiare per primo, allora attendo ancora consapevole del fatto che nessuna mano tesa verso di me potrebbe aiutarmi.
E se non ci riesco da sola, pazienza, anche stare per terra a vita non deve essere così male.
Così ti immagino sull'aereo che ti riporterà a casa tua, nella tua strada piena di palazzi bianchi e di gente che ti saluta in un'altra lingua, come quelle mura che ti accolgono ogni sera che non sono più le nostre.
E in fondo penso che poteva andarci molto peggio, che avremmo potuto farci molto più male.

Bene, dopo l'angolo quando scrivi queste cose sei proprio inutile, vi avviso che per la vostra gioia non mi produrrò in un post per almeno una settimana. Autocensura.
Ah, il viaggio lungo la statale è stato costellato da questo dibattito. Nella canzone "non me la menare" degli 883 (cultura alè) la parte in mezzo, da chi è cantata? Io ho votato per Max, mentre sia Clay che Sean sostenevano che fosse Mauro.
Effettivamente tutto quel fiato ce lo doveva avere Mauro visto i balletti che riusciva a fare però c'è da dire che Max non era ancora il grassone che è adesso. Comunque se lo sapete rispondete.
Se avete bisogno di un ascolto e non possedete le mitiche cassettine colorate a casa, appena torno la metto nella radio.

Domani, dopo aver salutato Clay che ritorna nel suo pianeta, vado due giorni in Svizzera. Me ne sto a bordo piscina a leggere libri sorseggiando tè freddo. Mi ci vedo anche discretamente bene in questa immagine.

Addio.

martedì 15 maggio 2007

LITURGIA DEL MOVIMENTO

Pare che Bologna sia una grande città. Ma come non lo sai? Non respiri la magia dei portici? Non lo sai che fermento culturale c'è stato qui negli anni passati? Guarda quanti giovani, non ti piace tutto questo movimento?
(dovrei smetterla con queste voci popolari che fanno domande e osservazioni, sopportate migliorerò anche io)
C'è un sacco di gente per le strade, intenta a camminare verso nulla e a parlare, magari sempre di nulla.
Mi chiedo, se vedo masse di persone camminare, dove stiano andando.
Tutti insieme, con il cane al guinzaglio, con i piedi che strascicano per terra e l'alba che li sorprende da dietro.
Poi incrocio lo sguardo di una di queste persone e vedo la sua stessa domanda.
Stiamo fuori perché stare dentro è noioso.
Non credo di aver visto una strada senza gente, senza persone intente a camminare, ma per dove?
Così in una qualsiasi notte a Bologna ti fermi, in mezzo alla strada, ad una piazza con tanti occhi e chiedi, in silenzio, ma dove vanno tutti?
Ed è chiaro che se fai una domanda in silenzio e per giunta stupida nessuno abbia voglia di risponderti e la risposta non la sentirai per probabilmente la prossima vita.
C'è solo un tipo strano che poco dopo mi ferma e mi chiede: single? Penso mi stia chiedendo indicazioni per chissà dove, per un'altra strada piena di gente che cammina e accosto il mio orecchio alla sua bocca e quando capisco cosa vuole mi allontano e continuo a camminare senza meta come tutta la gente che mi circonda. Come se poi sapessi almeno un nome di una via di questa città.
Scopro che il cantante che ho visto poche ore prima, con spalle bellissime e un sorriso meraviglioso, ha un nome impronunciabile. (a me piaceva il bassista comunque). Sembra un personaggio di un cartone animato e lo immagino nella scuola cattolica inglese con la divisa da bambino, circondato da bianchi che avvicinano l'orecchio alla sua bocca mentre ripete il suo nome per la seconda volta. Poi, anche loro, capiscono quello che vuole dire e continuano a camminare senza un senso.
Come me, che non regalo opportunità a nessuno, che con la mia divisa di scuola cammino e non ascolto.
Forse dovrei imparare a gestire meglio i miei rapporti sociali.
Ma in fondo non ne ho voglia e sempre più in fondo non mi piace quasi nessuno.
Anche se in questa città ho trovato ottima compagnia.
Persino i frati e le suore camminano in corteo in questa città. Ma loro un senso lo hanno. Camminano e non incrociano mai lo sguardo con le persone che li osservano. Hanno lo sguardo fisso in avanti alla schiena del frate che li precede e potrebbero essere in questa città e con questa gente che cammina come loro oppure in qualsiasi altro posto del mondo, anche nella savana africana.
E le loro divise uguali, scure, a contrasto con quelle bianche che le precedono, incrociano il mio sguardo.

Ma i loro occhi sono fissi verso lo scopo del loro camminare. Allora per trenta secondi, il tempo di tirare fuori la macchina fotografica dalla borsa e scattare questa foto immobile, penso alla fortuna di avere un piccolo senso nell'intercedere dei propri passi.
Poi trenta secondi su una vita intera non sono niente e per questo non vale la pena fare nulla.
Notare nella foto il ragazzo con sandalo alternativo che osserva con sospetto il corteo.
La stessa sera mi sono fermata e ho guardato in che via mi trovavo senza provare reale interesse. Poi mi sono girata e un ragazzo stava vomitando quasi suoi miei piedi mentre l'amico lo allontanava e lo faceva girare verso il muro. Sei la sintesi del perché non mi sarei dovuta fermare.
E mi basta per riprendere il mio cammino.
Inoltre noto con piacere verso le cinque di mattina che era da tempo che non camminavo mentre il cielo riacquistava luce (non così rossa). L'ultima volta ero in un'altra città e con un'altra persona e i nostri piedi erano fermi mentre il fiume scorreva sotto di noi. Ed ero anche più ubriaca.
Il cane di quella persona striscia e non cammina e ciò oltre a farlo sembrare vecchio lo rende anche pigro come me. Ho più cose in comune con quel cane che non con il suo padrone, non lo trovate doloroso?
Mi hanno ridato il motorino, sembra nuovo. Il primo viaggio mi ha visto fermare l'acceleratore due volte, le mani mi tremavano e ho respirato profondamente prima di ripartire e se non fossi stata in ritardo, se non avessi avuto uno scopo alla mia corsa sarei rimasta accanto a quel marciapiede per sempre.
La seconda come la prima volta.
Immobile, mentre la gente scorreva accanto, senza che nessuno mi notasse trasformandomi in una statua su cui fra qualche centinaio di anni qualche straniero ubriaco avrebbe apposto la sua firma da vandalo.
Ora devo andare.

(s.b. ci ho messo un giochetto solo per te, c'era anche nel post precedente. Se indovini ricchi premi. E' chiaro che non devi rispondere qui)

giovedì 10 maggio 2007

Proooovate a fischiettaaaar

Cancro - dall'11 al 17 maggio

Il consiglio che sto per offrirti non te lo do alla leggera. Se scegli di seguirlo, potrebbe creare disagio e disordine, almeno all'inizio. E ti richiederà più coraggio del solito. Eppure sono certo che sia la cosa migliore per te; qualunque crisi possa provocare, credo che alla fine porterà a un progresso. Perciò, ecco il consiglio che ho preso in prestito da Franz Kafka: "Non ti piegare; non moderare; non cercare di trovare una logica; non correggere la tua anima secondo le mode. Segui spietatamente le tue più intense ossessioni".

Ed eccolo , Brezsny, chiaro e illuminante come una domenica mattina, davanti al mare, in agosto.
O anche una domenica mattina qualsiasi, la verità è che le giornate ultimamente sono proprio quelle tipiche da barca, ho già deciso i due giorni di maggio che adopererò per rimetterla in sesto per l'estate, e ho il cuore in festa, per cui scusate la digressione.
Dicevamo di quanto utile mi si astato Brezsny.
Bene, diciamo che ho avuto non poche crisi di coscienza ultimamente, determinate da incontri curiosi, tutti diversi e accomunati dallo stesso stimolo propulsore.
Trovo seccante incontrare solo nani da giardino, insomma.
Ad un certo punto mi sono chiesta se il problema non sia proprio che io sono davvero Biancaneve, e che i nani non siano altro che la naturale conseguenza del mio modo di pormi verso di loro. A questo passaggio logico è seguita un meno logica crisi di identità , che si è andata a incastrare con scontri di vario tipo con esponenti del mio stesso sesso, con quasi tutte , eccezion fatta per le presenti e per quella particolare, quella che chiama di notte agitandomi i sogni.
Poi la mia testa ha fatto uno scarto, la frase "Ma che ti è preso?"pronunciata in un contesto intimo e riferita a un'azione per me del tutto naturale mi è rimbombata in testa per giorni e giorni.
Finchè non ho capito che io sono così, che non so far altro che essere così, e che chi mi amato a tutto tondo , mi ha preso come ero. Senza che dovessi smussare alcun angolo, o limitare i miei eccessi, intimità inclusa. Per cui, al diavolo. Non mi piegherò, non mi modererò. Brezsny è giunto a sottolinearlo con un tempismo sconcertante.
Dopotutto, resto convinta che se quella scema di Biancaneve anzichè accogliere il principe azzurro presso il pozzo cantando "Proooovate a fischiettaaaaar", lo avesse accolto così
beh, forse non si sarebbe ritrovata sposata a un coglione in calzamaglia celeste.

canzone di lontananza

Mi basta questa vita
e non voglio altro.
Immobile,
spero che nessuno arrivi.
Ma se qualcuno arriva,
spero sia lei.

Raymond Carver


Firenze, zona Stadio, una assolata domenica mattina di un giorno qualsiasi di un qualsivoglia mese del 2001.
Mi sveglio presto, quando dormo con lui non dormo mai del tutto , oltretutto oggi ho preso impegno con mia sorella per andare a pattinare, avrò dormito realmente tre ore e ora devo andare a sgambettare. Preferirei morire. Mi giro, lo guardo, coi suoi riccioli nerissimi e la bocca disegnata, e non mi alzerei mai dal letto. Sto per scivolare fuori dalle lenzuola cercando di non svegliarlo, quando schiude gli occhi, verdi e gonfi di sonno e un masticaticcio ‘dove vai?’ mi raggiunge mentre mi sto già lavando i denti.
Col terrore che il telefono squilli, a ricordarmi il ritardo, mi vesto di corsa ignorando gli inattendibili sforzi che promette di fare, del tipo –sempre restando sdraiato, braccia sotto il cuscino - “Aspetta che vengo almeno ad aprirti la porta” e ancora “Vuoi la spremuta? Vengo su a farti la spremuta. Arrivo. Aspetta ho detto.”, il tutto rigorosamente a occhi chiusi, muovendo nell’aria le mani a caso, solo per farle poi ricadere pesanti e senza volontà, ai lati del corpo. Non ho mai capito cosa lo spingesse a prodursi in questi siparietti, forse solo quel gusto che ha “sapere come va a finire”, una di quelle performance che con tacita complicità le coppie mettono in scena a beneficio di chi li attornia , o semplicemente della propria sicurezza individuale. Tutte queste buone -a tratti ottime- idee le sentenziava restandosene immobile sul materasso, tanto era materialmente certo che io avrei sorriso, sarei tornata indietro a baciarlo, e che avrei detto Buona giornata solo quando fossi stata già al piano superiore, una mano sulla maniglia della porta, l’altra che regge il casco, la testa inclinata indietro, in attesa del suo Anche a te intriso di sonno e baritonale. Tutta questa scenetta, lui la conosceva benissimo, uno schema fisso.
Al pensarci ora, mi fa ansia , ai tempi del liceo era il paradiso, se non ricordo male. O quasi.
Così anche quella mattina , mano sulla maniglia e casco in mano, decido di non aspettare la sua risposta in differita come sempre e mi chiudo la porta alle spalle. Casa sua affaccia sul marciapiede, con due passi sono sul motorino (glorioso scarabeo sia lode a te negli anni), realizzo che c’è il blocco alla ruota, scendo per toglierlo, mi sto rialzando mentre la porta si apre , un’apparizione in mutande. Lo chiamo a voce alta, tra lo stupefatto e il rimprovero, mi chiede dove vado continuando a stropicciarsi gli occhi e sbadigliare, glielo dico , mi guarda fisso e non dice nulla. Mi avvicino alla porta, gli sottolineo che è in mutande, mi risponde chissenefrega,no?, sorride, sorrido, c’è un cielo chiarissimo, abbiamo gli occhi a fessura, mi bacia, mi giro per salire sul motorino e
“Allora, ci sen..?”
“Ci cosa?”
“No, dicevo: ci sen..?”
“Ci sentiamo!”
“No, Lauren: ci sen..?”
“…tiamo?”
“Anch’io , tanto. Ciao.”
Blam, la porta si chiude.
Tiamo.
Tiamo.
Ti amo.
Anche io, tanto.
Mi risuona in testa fitto fitto, sorrido e mi attacco al campanello.
“Non si compra nulla, via via, alla larga.”
“Ma come sei cretino, volevo un bacino.”
“Finiti, per oggi li ho dati via tutti signora, provi a ripassare più tardi.”
“Idiota.”
“Vattene, Lauren.”
“Vado, ciao.”
“Ciao, a dopo.”
E’ stata la prima persona di tutto, di tutte le cose che si possono fare in due, o quasi.
Incluso il primo ‘Ti amo’, e vista la modalità da barzelletta in cui me lo sono beccato, avrei dovuto complimentarmi con me stessa per il buon auspicio sotto cui si inaugurava la mia luminosa carriera sentimentale. Luminosa, o quasi.

Oggi è venuto in libreria a ritirare un volume prenotato, sempre bello come il sole [Jamie mi è testimone, cara Chloe, vedrai che prima di Paul –aka Mister Merda- riesco a farti vedere pure lui] ed egoista come i bambini. Tenerezza, vicinanza, protettività, tutti quei bei sentimenti che è ovvio avere verso un fratello. La morte del desiderio fisico, in pratica. Era pure l’ora, coi casini che abbiamo tirato avanti fino allo scorso anno, però mi fa lo stesso impressione, anche perché proprio in questi giorni mi sono proiettata il film dell’episodio che ho riportato qua sopra, del mio primo Ci senTiamo.

Volevate vedere chi avrebbe potuto vincere la palma d’oro per il post più patetico?Here I am.
Ultime nuove dal pianeta Lauren: fumo tantissimo, mi sono tagliata la frangia da sola, leggo Bunker e “lo so che il mio amore è una patologia/ saprò come estirparla via” , e sto ascoltando i Valentina Dorme.

Per oggi è tutto, per un aggiornamento sui nani in diretta dal mio giardino, al prossimo post,
oggi di loro non ho voglia affatto.


e saprei
rifarmi il trucco in fretta
farti ridere
sai
anche se è passato troppo tempo
e noi
abbiamo altre storie o quasi
viviamo altri amori o quasi
in notti senza troppa qualità
o quasi

lunedì 7 maggio 2007

INUTILE COME UNA CABINA A GETTONI

Avevo scritto all'incirca sette post.
All'incirca sette mi rendo conto che non voglia dire molto.
Poi ho riletto e cancellato come faccio la maggior parte delle volte. Se avessi un dio lo ringrazierei per la razionalità che ci avrebbe regalato.

Oggi mi sono alzata con il mal di testa e ancora me lo porto dietro. Numero due pastiglie ingurgitate, una di dubbia provenienza presa dalle mani di un compagno di università.
La testa sa far solo toc toc e picchia sugli occhi come a voler fare uscire qualche cosa. Io lo so un pò cosa vuole uscire ma è bene che resti dentro che qui non fa ancora caldo caldo e l'estate è ormai alle porte.

Salire in metropolitana al mattino dopo 20 minuti di bici e due fermate di treno (maledetta provincia) e trovare un vagone con l'aria condizionata accesa è qualcosa di meraviglioso. Scoprire che per oggi dovrai fare solo 3 fermate contro le 20 che ti spari ogni giorno sa di beffa del destino.

Devo fare uno spot per l'università. Uno spot per una campagna sociale che gira su circuiti universitari e che magari vedranno in streaming 20 persone.
I pubblicitari milanesi è bene che stiano nei loro uffici con le poltrone in pelle umana e l'aria condizionata che li ringiovanisce e li rende freschi a qualsiasi ora. Come quelli che oggi spiegavano come si sceglie un claim adatto ad ogni situazione. Ma vaffanculo sarà un claim efficace? Era la domanda alla pausa caffè che per loro coincide con la pausa “cellulare chiamo in ufficio per vedere quante persone mi hanno cercato”. Solo 5?
Secondo me è sbagliata la congiunzione all'inizio della frase, lo dice anche il correttore di word. Il dio dello scrittore in ascesa. Come il dizionario dei sinonimi immancabile sulla scrivania di ogni futuro Moccia che si rispetti.

La ragazza che voleva girare lo spot sulla cocaina, della quale oggi ho anche scoperto il nome, porta l'apparecchio. Mi sconvolge la mattinata la scoperta dell'oggetto ferreo sui suoi denti. Lei che alla prima riunione disse: “facciamo uno spot su come tagliano la cocaina perché non sai mai cosa ci trovi dentro.”
E oggi la scopro apparecchiata come una fanciulla in erba. Peggio del vedere un borseggio mentre mi dirigo alla metro. E mi viene da pensare: "lei ha l'apparecchio ma non me ne sono mai accorta? Oddio stanno borseggiando la tipa davanti a me. Gesù, meno male che oggi ho lo zaino."
Egoismo metropolitano si chiama.

Un po’ la odio ogni giorno questa città che in fondo non mi rappresenta per niente. Poi accendo studio aperto (e mi rendo conto di odiare me stessa) e vedo un servizio sull'uomo gonfiabile esposto in questa città. Inquietante al massimo. Non discuto sul senso artistico, che comunque fatico a comprendere, ma il servizio finisce con due vecchietti che in sequenza seduti su panchine all'aperto osservano l'opera gonfiabile ed esclamano: “ma a cosa serve?”
E il giornalista ridacchia.
Avrà capito che la domanda dei vecchietti era rivolta a lui e al suo operato oppure pensa ancora che si riferissero al materassino a forma di uomo?
Vedo risvegli di coscienza umana ovunque, c'è speranza per tutti.


Nota per le contributors: un blog morente ce l'ho già, i doppioni servono a poco. Al mio ottavo compleanno mi regalarono due Barbie hawaii e fui colta da immensa inquietudine. I gemelli mi hanno sempre fatto un po’ paura. Per cui anche i destini paralleli inquietano.
Poi una barbie diventò pelata e l'altra sfoggiava la criniera rossa con immensa superbia. Una delle due si gettò dal balcone del mio amichetto d'infanzia e fu investita da una macchina che posteggiava in garage. Resta da capire quale delle due visto che furono ritrovate entrambe rasate a zero, cadavere spappolato e barbie dalla dubbia identità. Ora chissà dov'è finita quella viva, forse a piangere per aver buttato la sorella dal balcone.
Dio quanto mi inquieta questa storia.