domenica 30 settembre 2007

INIBITORI SELETTIVI DELLA RICAPTAZIONE DELLA SEROTONINA

Sono andata a vedere Espiazione.
In realtà sono due settimane che vado costantemente al cinema. Sono andata a vedere film che oscillano tra il meglio e il peggio della stagione.
Allora il film è bello, non è il gran pippone romantico che ci vogliono far credere che sia.
Sono andata in un cinema a Milano in Largo Augusto in cui c'è una sala sola ed è pieno di vecchi. Di vecchi nel senso fisico del termine ma non solo, perchè ovunque c'è quell'odore di vecchio che ristagna e che ti fa sembrare terribilmente giovane.
Sulle poltrone, sulle scale, nel corridoio, ovunque.
C'è una scena nel film, che non racconterò e per il quale non esprimerò giudizi, che è un lungo piano sequenza ad altezza uomo, segue un lungo sguardo sul terrore, sull'atrocità rappresentata della guerra, sulla speranza e sulla paura.
L'inquadratura è talmente lunga e bella che viene da chiedersi quando finirà.
Il cuore mi si è letteralmente allargato e credo di averlo sentito dentro, di aver sgranato gli occhi implorando che non finisse mai, quella ripresa sulla spiaggia.
E poi quando è finita, quando lui si è girato e si è lasciato tutto alle spalle ho sospirato, ho guardato la mia amica e insieme abbiamo detto: che bello.
E poi ho pensato che lo stavamo dicendo davanti a immagini che rappresentevano una delle cose più terribili al mondo, ma il pensiero mi ha sfiorato per poco.
Uscendo per strada, come mi succede ogni volta che guardo un film, non avevo voglia di parlare.
La condivisione, di qualsiasi aspetto della mia vita, mi riesce difficile in momenti come questo. Pervasa ancora dalle sensazioni del film che ho visto, che si tratti di un capolavoro o del film di topolino (che io ho sempre detestato).
Allora mi sono ricordata che poche cose come andare al cinema mi rendono realmente felice e che probabilmente lo sapevo fin da piccola.
Da piccola avevo una passione viscerale per due film:
- i dieci comandamenti di Cecil B. DeMille
- il gigante di George Stevens
Il primo lo avevo registrato alla tv in due cassette, il secondo invece lo avevano regalato a mio padre.
Dei dieci comandamenti mi piaceva di più la seconda parte, quando arrivava il castigo di dio, le piaghe, la morte, la fuga dall'oppressore e la vendetta.
C'era una scena in cui l'acqua si colorava di sangue e io adoravo quel momento, ne rimanevo stupita ogni volta.
Che cosa mi piacesse così profondamente del gigante non l'ho mai capito bene. Credo più di tutto la parte iniziale perchè Elizabeth Taylor ispirava una tale serenità che mi rendeva tranquilla.
Per il resto poi non vedo quei film, soprattutto i dieci comandamenti da un sacco di tempo. Ho perso quelle cassette nei traslochi della mia famiglia, nell'interesse per altri film e nella fortuna di non essermi fermata solo a quei due.
In tutti i ragazzi che ho frequentato nella mia vita, amici e non solo, la prova cinema l'hanno superata solo in due.
Entrambi vivono a Londra.
Uno non fa parte della mia vita da un sacco di tempo, l'altro ne ha fatto parte talmente tanto che ha deciso di prendersi una pausa.
Dice che guardare i film in inglese è un altro mondo, dice che il nostro film preferito, che è francese, non è adatto a nessuna delle nazioni in cui viviamo.
Dice che dovremmo imparare il francese, correre su una strada, girare quando tutti hanno smesso di seguirci, arrivare al mare e aspettare che la telecamera si sposti sul nostro sguardo.


"Camminando sotto la pioggia si chiese per l'ennesima volta perchè tutto quel grigio lo contornava.
Entrando nel cinema chiuse gli occhi profondamente quando sentì la prima nota di quella canzone e stette immobile nella scomoda poltrona a sentire entrare dentro ogni singola nota.
Le immagini scorrevano veloci sul viso pallido di chi non ha più niente da dire, di chi lascia che siano gli altri a parlare per lui.
Al quinto minuto si alzò e sentendosi diverso mise un piede dietro l'altro per uscire dal cinema, per tornare nella strada grigia di chi non ha più bisogno di avere un volto.
La giacca nera zuppa di pioggia, le mani umide ancorate all'asta dell'ombrello, unico riparo possibile da un mondo che non sembrava più giusto.
- Non posso essere altro che me stesso.
Sentenziò a bassa voce mentre un piede entrava nell'acqua depositata sull'asfalto da un cielo troppo pieno per restare ancora tutto in alto.
Così scostò l'ombrello dal volto e alzando gli occhi in un lento movimento della testa diresse la sua espressione al cielo.
Mentre la pioggia bagnava il viso, gli occhi si chiudevano e il corpo si rilassava in un abbraccio che sapeva solo di consolazione. Con quello che lo circondava, con ciò che aveva sempre odiato.
- Oggi piove e io vorrei scivolare con quest’acqua, scivolare in un tombino per poi non riemergere mai più.
Consapevole di non poter scivolare su quell'asflalto ma di dover restare immobile su una strada porosa che ghiaccia d'inverno e si sciogle d'estate."

giovedì 27 settembre 2007

Sisters

Parassita. Non hai trovato il tuo posto nel mondo e chissà se mai lo farai. Non dai valore alle cose, vero Lauren? Beh, ci si chiede a cosa tu dia valore, a questo punto. Usi la mia macchina in maniera non consona, ci ha messo il tuo cane di merda che io neanche volevo, usi il mio telepass quando vai al mare, ti sei spostata in camera mia che anche se vivo col mio uomo resta camera mia. Tu passi sopra le persone Lauren, tu sei un caterpillar. Vivi col mio metro di misura, pensando che siccome tua sorella - che sarei io - si è laureata a 29 anni, allora puoi prendertela comoda, pensando che siccome io avevo una macchina fin dai 18 anni tu puoi usare la mia come fosse tua, pensando che ti spetti tutto quello che è spettato a me, ma noi siamo due persone diverse.

Oh se lo puoi dire, sorella. Quanto e come siamo diverse.
E quanto mi fa piacere non somigliarti. L'errore di mia sorella è questo: curare la sostanza e non la forma, finendo col fottersi su entrambi i fronti; potrebbe avere ragione e invece ha sempre torto.
Quanto estrapolato qua sopra dalla conversazione telefonica avuta poc'anzi è da attribuirsi alla mia impertinente richiesta di spostamento del suo pannello delle foto da quella che è attualmente la mia camera :
"domani inizierò a pulir casa da cima a fondo e poi levo le tue foto"
"le mie foto?"
"eh, dal muro. ci metto le mie, alla fine ora in quella stanza ci sto io."
Apriti cielo, è stata un'offesa mortale degna del peggiore dei caterpillar farle notare che forse dal momento in cui vive in un'altra casa, potrebbe portarcisi pure tutte le sue carabattole.
Il punto è che quel sant'uomo del suo compagno non saprebbe -anche volendo- dove cacciarsele, per cui rimangono dove sono, e in fondo ancora non dan fastidio a nessuno, in effetti. Volevo solo poter togliere le cose che non c'entrano nulla con me dalla camera dove dormo e dove passo buona parte del poco tempo che spendo in casa.
Volevo che all'arrivo di Bertrand [sì mie care, è il nome da blog del portoghese/parigino atteso a breve in quel di Firenze] , la mia stanza somigliasse alla stanza che vorrei, che somigliasse un po' a me . Poi sappiamo tutti che questa casa dovremo lasciarla entro un anno esatto, e nessuno ci bada più di tanto, sfortunatamente, per cui è sempre un costante casino, in quasi tutte le stanze. Ma allora appunto: che male c'è a dirti di togliere foto che non vedi mai , dal momento che sono in una casa in cui non vieni -quasi- mai?
Il punto è che tutto , se preso in analisi nel particolare, andrebbe discusso per ore, e se si andasse a fondo si potrebbe scoprire che talvolta ha persino ragione. In realtà il problema è generale, è ampio e diffuso, e non mi vergogno ad ammettere che mi crea problemi di nervi, che quando alza la voce io inizio a chiudere le porte della testa e mi annicchio nell'angolo davanti a questa serie di porte chiuse, e sto zitta, e mi si spezza il fiato e mi viene voglia di gridarle che non è colpa mia se siamo sorelle, che mi è toccata in sorte e non l'avrei scelta, se fosse dipeso da me.
Poi mi ricordo quella frase di Carver che dice che le parole sono tutto quello che abbiamo, e perciò dobbiamo sceglierle bene, e mi mordo la lingua mentre ascolto quelle - scelte nella sua cattiveria una a una con dovizia, per andare dove sa che fa male- che mi vengono vomitate in faccia.
Allenamento, è tutto allenamento, se sai sopportare una scenata di mia sorella, sei pronto a quasi tutto, perchè non ti risparmia nulla, nè commenti su cose di cui non sa nulla nè sulle confidenze che puoi averle realmente fatto quando ti sembra una sorella normale, sorridente e amica come quelle di tutti gli altri. Puoi star tranquillo che se le ho detto qualcosa, mi si ritorcerà contro. Una confidenza di qualsivoglia natura. Ho scritto se LE ho non a caso, mia sorella è un mostro solo con me.
Col resto del mondo riesce talvolta ad essere persino simpatica, e ammetto che riscuota un discreto successo sociale, ecco. E' proprio che non mi soffre. Non ci possiamo fare altro.
In tutto questo io ho altri 3 fratelli , un maschio e due femmine, residenti rispettivamente a Empoli , a Viterbo, e a Roma, ci vedete nella foto di gruppo a destra, quello peloso ed enorme è mio fratello, io sono quella all'estrema sinistra dell'immagine. Inutile dire che non si può chiedere loro aiuto, dal momento in cui la mia zelante sorella si è fatta carica di dir loro tutto quel che può pensare di cattivo su di loro nel momento esatto in cui lo ha pensato, ottenendone di non vedere i suoi nipoti credo ormai sino alla maggiore età, prossima per alcuni e alquanto remota per altri.
Io credo che dovrei mettere molti chilometri tra me e la mia famiglia.E se mai crescerete un figlio con il senso di responsabilità verso la famiglia come i miei han fatto con me [che è quello che mi impedisce di mandarli tutti a fare in culo], spero sinceramente che il pargolo in questione si rivolti e decida di confinarvi in un ospizio, chè non meritereste altro, credetemi.

Passato lo sfogo, dimostrato di non saper scrivere solo di disgrazie sentimentali, ecco qualche
aggiornamento dell'ultim'ora:
- resto alla mia facoltà di merda sotto lettere e filosofia, per mille motivi
- Hans dopo avermi baciata modello "thosempreamata" è riscomparso dalla mia vita sotto ogni forma possibile, creandomi non pochi problemi e non poca sofferenza
- è finalmente arrivato l'autunno, voglia di vino risate e fare l'amore tutto il pomeriggio
- Feuerbach da segni di shock post vacanziero, ci sono giorni in cui arriva persino ad inseguire legnetti, e anche se è ben lungi dal riportarli, mi pare pur sempre un segno
- Bertrand, Bertrand, Bertrand, immagino di dover concentrare i miei pensieri verso il giorno del suo arrivo.

a presto.
spero.

martedì 25 settembre 2007

STIAMO SCOMPARENDO?

sottotitolo: non si deve solo scrivere delle nostre disgrazie sentimentali


voci del popolo: smetti di frantumarci


Ho finito questo libro prestatomi o regalatomi ( non mi ricordo i termini dell’accordo) da Lauren e mi sono identificata in parte con il protagonista.
Visto che qui siamo più o meno personaggi letterari dovrei smettere di essere la bella Chloe (della quale esistono pochissime foto che possano titolarsi “da vestita”) e diventare un ragazzino diciottenne in crisi esistenziale (termine abusato negli anni ’90 e fuori moda nei 2000).
Perché insomma voi siete Jamie e Lauren e io sono Chloe che finisce sbudellata e che a me è sempre sembrata un po’ fastidiosa.
Il personaggio di questo libro si definisce disturbato, va dall’analista senza trovare risposte, vive una specie di conflitto che diventa indifferenza con la madre e la sorella. Non ho sorelle ma con l’unico sangue misto uguale al mio che ho vicino funziona uguale.
“Ignorala”, diceva mia madre quando litigavamo da piccoli e io finivo per stare in silenzio per buona pace di tutti.
Lo strizza tira fuori il peggio di questo ragazzino, lo innervosisce e lo spinge oltre i limiti, oltre i comportamenti normali che terrebbe con qualunque individuo, giusto per educazione.
Così se il mio strizza si beve il secondo caffè, capisco che è tempo di smettere di fare la stronza con lui e almeno provo a parlarci civilmente, giusto per portare a termine quell’ora che siamo in qualche modo costretti a passare insieme.
Perché poi, come me, questo tizio da libro, gesù, uno che nemmeno esiste, ha sempre voglia di stare da solo e la maggior parte del tempo ritiene gli altri inadeguati al suo metro circostante.
Insufficienti per fargli cambiare idea, per considerare possibile un cambio di prospettiva alla propria vita, alla propria impronta, al proprio modo di stare al mondo.
In tante cose, resta da dire, non siamo uguali, nemmeno ci avviciniamo io e questo tizio inesistente. Parti di una personalità molteplice. Come tutti.
"E’ quando si finsice di considerarsi diversi che comincia il vero casino, che ti accorgi che non sei altro che uguale a tutti gli altri. E lì probabilmente vai in crisi". Dice Clay. Dice che tutti (cioè io) pensano di essere speciali ma in realtà siamo tutti uguali.
Bisogni, necessità, desideri e pene per non averli raggiunti.
Chiedere aiuto e vedersi arrivare un calcio un faccia.
Ma pare che gli amici siano anche questo e pare che io non abbia capito molto delle relazioni tra persone.


Vorrei in realtà vivere in un mondo semplice, poco complicato, in cui ti basta dimostrare disagio per essere aiutata, per sentire in qualche modo la mano di un qualsiasi Ralph Malph sulla spalla.
Solo per dire, magari ti capisco ora e magari ti aiuto anche al posto che badare a me e lasciarti lì.
Ma pare che per avere cose così dovrei andare a vivere dentro Happy Days e magari fidanzarmi con Potsie che ho sempre trovato in qualche modo più carino degli altri.
Vi salutano comunque, gli amici inesistenti nella realtà.
Ciao.


Per la sezione "non piangere sul film già visto", sono andata al cinema con mio fratello e mio padre. Che a dirsi sembra triste e a farsi lo è ancora di più visto che siamo andati a vedere i simpson, "ma non c'era niente di meglio" ha asserito mio padre quando è tornato a casa per spiegare la serata a mia madre.
Il momento del pianto però arriva quando, mentre sono in coda per prendere i biglietti, vedo Victor accompagnato dalla sua gentile nuova fidanzata.
Bella, bionda, simpatica e pare pure intelligente.
Lui fa un cenno con la mano per salutarmi e io rispondo e poi in un secondo vedo mio padre che gli si avvicina e che gli stringe la mano e dice: "quando torna tuo padre da Roma digli di chiamarmi che facciamo una cena".
Vedi a uscire con i figli degli amici di famiglia cosa si guadagna.
A rileggere, la scena sembra più triste della realtà ma è solo perchè a raccontarla se ne esagerano gli aspetti negativi.
Per il resto, mio padre, per mancanza di coraggio o interesse, non ha detto alcuna parola sull'accaduto.
Non so se ringraziarlo o fargli capire che in qualche modo sono viva pure io.

Per finire ultimamente ascolto con insistenza queste due canzoni.




lunedì 17 settembre 2007

FRANTUMARE

Nel primo posto che non conosce il mio nome.

Ero sulla sua macchina e andavamo chissà dove.
E mi sono immaginata in una strada piena di luci e di persone. In realtà era notte e le luci ci venivano incontro con i palazzi ancora accesi, ancorati alla notte insonne di qualcuno che non sapremo mai chi è.
Allora ho fatto un respiro fortissimo, gonfiando i polmoni e dilatandoli il più possibile.
La mia schiena si è leggermente inarcata spinta dalla forza dell'aria che entrava dall'esterno. E poi tutta fuori mentre guardavo dal finestrino, mentre le luci si scolpivano sul mio viso che non aveva espressioni.
Allora lui ha detto: - esattamente dove sei ora?
- Forse a Tokyo. Non deve essere una brutta città.
- Pensavo non ti piacesse il Giappone - ha replicato ad un'affermazione che sembrava così stupida detta così piano.
- Non lo so, non ci sono mai stata - e ho alzato la radio per coprire i nostri pensieri con altre voci.
Ho rivolto di nuovo il mio sguardo vuoto all'esterno della macchina mentre qualche suono usciva ai lati delle mie orecchie.
E non c'era tristezza o gioia o malinconia, non c'era niente in quel momento. Tempo scandito da momenti così vuoti che potrebbero anche non essere mai esistiti.

Camminando nel buio per arrivare a casa sua ho pensato di voler tornare indietro, su quella strada piena di luci, in quella Tokyo dentro la mia testa e così senza lui, piena di persone con facce tutte uguali, orientali con gli occhi tagliati in mezzo al viso.
E quando lui ha capito che volevo essere in un posto senza che nessuno mi conoscesse e che forse su quella strada piena di luci e gente se ci fossimo visti da lontano, ci saremmo salutati alzando la mano verso l'alto mentre un fiume di passi attraversava la nostra scarsa conoscenza, allora ha chiuso gli occhi.
Aspettando che sul lato del marciapiede qualcuno ci desse il permesso di attraversare sulle strisce pedonali, di una città che scompare se apri gli occhi, che ti investe se li chiudi troppo presto.E quando attraverseremo su quelle strisce bianche e abbasseremo la mano dopo esserci salutati forse smetteremo di essere arrabbiati tra di noi perchè ora, non siamo nello stesso momento nella stessa città. Su due marciapiedi che non hanno solo una striscia di asfalto e persone a separare un possibile momento insieme. Un momento che smetta di essere così vuoto.

giovedì 13 settembre 2007

Niente di particolare (a parte il fatto che mi manchi)

"Perchè tu non capisci, Lauren, non è che abbia paura di restare da sola. E' solo che prima di farla finita DAVVERO, devo esserne certa. Non voglio poi trovarmi - che so , dopo un mese che l'ho lasciato- a mangiarmi le mani perchè magari lo rivoglio."
"Beh ma scusa non puoi nemmeno continuare a starci così, anzi peggio a conviverci, mentre vai via interi finesettimana con un altro e non dormi quasi mai a casa, 'perchè forse, probabilmente, non sai quando ma potrebbe anche essere, chissà , magari lo rivorrai.' Che cazzo ci stai a fare?"
Sbuffa, dispiaciuta per la mancata complicità sul tema.
"Eh, lo vedi.... non capisci."
Interviene allora l'altra amica, quella che ha una storia di cinque anni che da due anni fa decisamente fatica ad andare, pure se la spingi; ma che entrambi reputano sufficientemente importante da continuare a spingere. Volendo molto bene a una delle due persone coinvolte in questo ripescaggio del Titanic, è chiaro che non veda l'operazione di buon occhio. Comunque, quale che sia la mia opinione in merito, la novella sommozzatrice sostiene vivacemente la tesi dell'altra, della fedifraga dal cuore tenero:
"Se poi lei lo capisce tra un mese, che è con lui che vuole stare, come fa? sarebbe tardi, troppo tardi, lo perderebbe e non sarebbe altro che colpa sua.Non potrebbe stare lì ferma pensando di essersi impiccata da sola. Quindi continua a starci."
Tutta questa logica mi manda davvero fuori dai gangheri, legittimare un mancare di rispetto che va ben oltre il semplice tradimento, si parla di farsi l'amante fisso, la storia parallela, a ventitrè anni, e no porca miseria, non avete figli di mezzo, non avete problemi di separazione, che fate? che dite? perchè ragionate così? il mondo è pieno di uomini, gesù.
"Bene ragazze , probabilmente la sottoscritta ha meno esperienza di voi in storie durature e coi fiocchi della quotidianità appiccicati sopra. Ho sempre o quasi avuto storie a distanza, e avete ragione, che ne so io di cosa significhi vivere con una persona..." Mi interrompe bruscamente l'amica operatrice marittima, per sottolineare che allora sono io che vivo male le cose, perchè nessuno aveva parlato di esperienza. Non capiscono che è per quello che ne parlo. Perchè ci si aspetterebbe, da una persona con trascorsi sentimentali comunque piuttosto pieni, fidanzati storici con cadenza biennale e una convivenza che va avanti [appunto] da due anni, che avesse un po' d'esperienza, e non si facesse prendere dal panico come una bimbetta quando si tratta si chiudere civilmente un rapporto.
E non parlo di quella del ripescaggio sui fondali marini. Lì la cosa è diversa, sono l'uno la prima storia seria dell'altra e viceversa, lì l'esperienza davvero non c'è, è uno stillicidio ma cercato e voluto perchè non sanno finirla diversamente. Lì, posso capire.
Il principio che mi stanno esponendo, in sintesi, è che si debba arrivare a nausearsi totalmente di una persona, per poterla lasciare, a non sopportarla più, in modo da non poterla rimpiangere per nessun verso. Che la si può cornificare serenamente , perchè "mi tratta sempre male e mi risponde di merda", anzichè lasciarla, perchè sai mai oggi domani mi venisse voglia di continuare a starci.
Un delirio. Tiro allora in ballo due paroline magiche, che fanno stizzire entrambe.
"Ragazze, non ci siamo, è mancanza di rispetto, e di maturità."
Allora vengo investita da un fiume di parole - sia lode ai jalisse, ndR- , che la maturità poco c'entra, che il rispetto deve essere reciproco e "se lui non me lo porta, perchè glielo devo portare io?" (perchè non lo butti fuori di casa, vien sempre da dire), e poi blablabla ancora bla.
Allora smetto anche di discutere, mi godo il resto della cena e amiche come prima.
In libreria in questo periodo c'è gran ressa al settore scolastico, e a volte le coppie vengono a comprare i libri ai figli e li pagano alla mia cassa, dove non c'è fila. Li guardavo, e pensavo sempre di più a quanto poco etereo e travolgente e fiabesco diventi l'amore nella fase della costruzione della famiglia. A quanto poco abbia a che vedere con parole e pensieri e quanto invece con conti da pagare e bestemmie a denti stretti.
Bilanciarsi l'un l'altro, tieni su me che tengo su te, che dobbiamo tenere su nostro figlio.
E pensavo. Pensavo "Ecco, poi diventa questo. Sarei in grado di spiegarglielo, usando questo pensiero, cosa significa 'mancare di rispetto e di maturità'?..no. sono io che non capisco, non loro, già."
Poi in effetti i figli poco c'entravano nel nostro discorso. Ma la base è saper di poter contare sull'altro. Non Onestà. Ma Lealtà.
Sottilmente , ma abissalmente diverse. Per cui parlano , parlano, di questi amori che ti spaccano il cuore, che ti logorano, che ti uccidono, e in realtà, quello che descrivono è in potenza. All'atto pratico, quando ti sei lasciato, ogni mattina comunque ti alzi, ti vesti, lavori, vivi. Penso immediatamente ad Hans, che fu la prima persona a descrivermi come si sentiva dopo la fine di un rapporto di 5 anni [ho culo eh? 5 anni con una, in mezzo io e 5 anni con un'altra, è terribile] e ricordo benissimo la parola alienazione, che allora non mi spiegavo. Io sono stata male , per lui, tanto e a lungo nel tempo. Ma ero piccola , era il male dei pianti sconsiderati in ogni posto, della contemplazione delle foto, delle canzoni al buio che immagini di cantargli. Cose adolescenziali, cose da bimbetta. Sto ancora male, a conti fatti. Ma in maniera adulta, in maniera civile.
Certo non avrei mai potuto continuare a starci scopandomi un altro, tutti i giorni , o appena posso, e questo non fa di me una persona migliore o peggiore delle mie amiche, soltanto, diversa.
Io voglio bene ad H., anche adesso,quindi figurarsi prima, quando stavamo insieme.
Una cosa simile mi sarebbe stata impensabile. Loro le pensano, e le attuano. Le mie amiche con i loro fidanzati canonici ottimi per le feste comandate , e io la diversa , la Principessa Meraviglia, come dice mia madre, "che tutti la vogliono e nessuno la piglia."
Mah, guardandomi bene attorno, sto -quasi- meglio di tutti.
E quando ieri notte, H. mi ha scritto un messaggio[maledetta telefonia] in cui si stupiva della nostra presunta telepatia - ci scriviamo sempre mentre lo fa anche l'altro- mi è mancato il respiro, è accellerato il battito del cuore,ho puntato gli occhi al soffitto, il viso rischiarato dal display fin troppo luminoso. e magari sono anche diventata rossa, chissà. Il cuore di panna. Altro che granitico. Ora andiamo al mare, il weekend è appannaggio della coppia Lauren-Chloe, e nei giorni restanti sicuramente vedrò H., che non a caso mi ha chiesto quanto mi trattenga.
E' sbagliato? sbagliatissimo.
Ma so forse correre ai ripari per tempo, io?
Poi ho ascoltato la canzone che da il titolo al post, dal nuovo album della Donà, e ho scoperto che dà assuefazione.



L'ho sentito passare sopra i tetti come un grido di elettricità.
Qualcuno al telegiornale dice che il mondo sta per finire.
Ma non c'è niente di particolare, a parte il fatto che mi manchi.
E non c'è niente di particolare, vorrei essere con te.
Ma non c'è niente di particolare
com'è strano raccontarti.
che non c'è niente di particolare.
L'asfalto si fonde coi pensieri lasciati affondare,
affondare.

Di getto e incomprensibile

Se solo potessi tenere di nuovo la tua testa tra le braccia, mettere la mano tra i capelli e sentire ancora quel profumo.
Se solo riuscissi a ricordarmi che suono aveva la tua voce quando mi chiamavi così.

Non potrò dire parole sensate, non potrò ricordare le cose solamente come fa comodo a me, farle sembrare diverse o migliori solo perchè sono lontane. Che se lo ripensi il dolore non sembra poi com'era, si attutisce e diventa leggero, così leggero che non solo non fa più male ma rievocarlo produce in te una sorta di nostalgia.
Ho aperto una scatola ieri e ho pianto.
Per strada mi sento felice e mi metterei a urlare, non è nemmeno primavera.
Sul pullman non posso cantare a squarciagola come facevo in motorino.


Sentire il male di una parola sbattuta in faccia, che ti serra la gola, che è così violenta nel suo essere pronunciata con tanta calma che ti ferisce fin nel profondo. Vorrei che non mi tremasse così la voce quando le emozioni mi arrivano alla bocca, quando non riesco a guardare gli altri negli occhi, ed essere capace di dir loro che non ci sto ad essere trattata così. A sentirmi ignobile perchè ho deciso di tenere per me quelle ore, che ho speso con tanta fatica - ma anche con tanto piacere, certo - per quasi due anni. Perchè non voglio pensare che andare in un posto che amo così tanto diventi un peso e non più un piacere. Io voglio esserci a tempo pieno per i miei cani, voglio dedicarmi a loro e basta. E' una colpa?


Uscire a corsa da qui, nell'aria fresca della notte, correre da te e dirti di me, dirti tutte le cose che avrei voluto urlarti in faccia mille volte.
Chiudere gli occhi e immaginare ometti che ballano a suon di musica, ometti piccoli dalle gambe lunghe, in alto a sinistra nella mia testa, circondati da un vuoto pieno di scarabocchi che nemmeno io riesco a capire. Pensare mi fa paura, pensare a questa cosa infinita all'incontrario, che l'infinito ce l'ha intorno da tutte e due le parti. Come dire che in fondo non esiste niente.

E cos'è che ti fa sentire sempre inferiore?

Cosa pensi mentre corri, quando nelle orecchie spari dei suoni che servono per spingere un piede davanti all'altro? Pensi che se arrivi all'albero più avanti avrai quello che desideri, che se arrivi a quella casa - ancora cento metri - ci sarà qualcosa per te? Come se si materializzassero - forza - sulla linea immaginaria del traguardo - se corri ancora cinquanta metri avrai quello che desideri - gli oggetti delle tue passioni?
Dimostrare che puoi farcela.

Quello che ho pensato cinque minuti fa non è quello che sto pensando adesso e non è quello che penserò tra cinque minuti. Come fai ad avere delle certezze se non ti credi nemmeno tu?

martedì 11 settembre 2007

Un piccolo problema personale di filosofia

Dal capitolo III, "Sapersi fermare al momento giusto"

[...] Qualora ci si trovi ad insultare una persona di nessun conto, priva di ogni importanza, si dovrebbe perseverare fino al punti in cui questi non è più nelle condizioni di ribattere a sua volta. Questo è il momento giusto per fermarsi. Non è più il caso di continuare ancora a dargli addosso.
Oltrepassando invece quel punto, ossia continuando caparbiamente a metterlo sotto torchio, l'unico risultato certo che conseguiremmo nei presenti sarebbe quello di essere considerati aguzzini che provano piacere nel tiranneggiare i più deboli.


Dal capitolo V, "Contegno pacato"

[...] il campione nell'arte dell' insulto occulta il proprio gioco finchè il contendente non ha raggiunto uno stato di totale spossatezza. Sino a quel momento si limita a provocarlo con disinvoltura, contraccambiando l'insulto con una parola pacatamente ironica; e, così facendo, invita l'avversario ad abbandonarsi ancor più a ruggiti selvaggi. [...] (il campione) si limita a sorridere sardonicamente, senza proferir parola. Tiene d'occhio l'energia del rivale che via via dissipa, mentre lui garantisce la conservazione della propria.


Iddio - se ci fosse, per caso - benedica Liang Shiqiu. e quanti ne seguon i preziosi precetti.

domenica 9 settembre 2007

Piove Piano

sabato 8 settembre 2007

A CHE SERVE UNA TESTA SENZA ILLUSTRAZIONI?

Le novità della mia vita sono le seguenti.
Seguo con successo la terapia dal mio analista che come prima regola prescrittiva mi dice di essere meno sarcastica.
- Non crede che tolga il diritto di differenziazione alla mia personalità?
- Non credo - risponde lui con aria sufficiente. Con il suo 110 e lode e bacio dal preside che pare sventolarmi davanti ogni volta che parlo con lui.
- Non crede che l'analisi non sia fatta per cambiare personalità considerate devianti ma che in realtà non lo sono?
- Non credo - afferma con sicurezza mentre prende da bere.
- Allora dovrei essere meno sarcastica per sentirmi accettata? Per essere come vuole mia madre? Casa, lavoro, figli? E problemi tenuti dentro dopo essere stati candeggiati nel tinello di casa?
- Credo che dovresti essere meno sarcastica quando vieni da me.
- Perché non mi ha ancora detto che il sarcasmo è un meccanismo di difesa?
- Perché non credo che nel tuo caso lo sia.
- Ah no? è sicuro?
- Sì sono sicuro.
La questione principale non esiste. Vado da questo tizio, detestabile sotto ogni punto di vista, che crede di potermi guarire da malattie che non ho e quando glielo faccio notare dice che sono sarcastica.
Ma io non ho veramente nessuna malattia.
Si faccia spazio nella mia testa, caro psicanalista, cerchi di capire perché sono qui, perché la mia famiglia ha creduto necessario che io venissi da lei. Provi a guardare più in là del suo naso, dei suoi occhiali, della sua laurea appesa al muro e non ci troverà altro che niente. Noia. Imperante sulla strada della mia vita, che mi annoio e mi circondo di interessi e di malesseri inutili e di personalità sarcastiche e poco inclini ai rapporti sociali.
Guardi dal vetro opaco del suo studio e troverà solo fumo grigio, solo strade in cui si vede poco, che portano a case normali, banali, vite vissute solo perché lasciate scorrere senza chiedersi perché e come si potrebbe fare a girare al posto di andare avanti sempre per la stessa strada.
Guardi solo lontano dal chilometro che le manca per arrivare alla stessa tavola ogni sera e non ci troverà me che mi faccio scivolare addosso ogni suo appunto, ogni sua improbabile teoria sulla mia necessità di stabilire una mia porzione nel mondo. Perché la mia porzione se non le spiace non la voglio, non me ne frega proprio nulla.
E mi scusi se faccio questo appunto finale ma di fidarmi di lei proprio non mi và. Di raccontarle nascoste vie della mia testa, principi che governano il mio modo di stare al mondo proprio non mi interessa. E se non c'è fiducia non la posso aiutare, ha detto lei la prima volta che mi ha visto. I miei problemi so bene quali sono e non ho bisogno che me li dica lei, vada a prestare servizio da chi non sa gestire la sua testa che io ancora lo so fare.
E arrivederci.

VIAGGIO NELLA TESTA DI CHLOE
Faccio un viaggio come ha detto lui, nei percorsi che governano il mio modo di pensare.
Faccio un viaggio correndo tra pali e reti che tengono dentro i pensieri che mai si vorrebbe aver fatto. Roba che fa rabbrividire ma che prima o poi chiunque pensa. Cose cattive, cose segrete, nascoste, facce segrete tra chiome di alberi scuri. Fantasmi inesplorati che oltrepasso correndo, perché il tempo non è mai tanto e soffermarsi è inutile.
Faccio un viaggio inseguendo una luce che mi porterà all'uscita della mia testa, in cui vedrò il vero percorso di analisi, faccio un viaggio mentre il mio analista dice di stare tranquilla, di pensare ai pensieri e legge con una abito bordò. Seguo con la fretta di chi scappa da ciò che non vuole vedere, direzioni opposte ai miei comportamenti, alla mia quotidianità, quelle lenzuola stese che sanno di fresco sotto un sole che ormai non esiste.
Faccio un viaggio e cado, una buca profonda, con mille pensieri che scorrono sui muri che cercano di prendermi perché con la testa vuota non ci so stare. Con le malattie che non ho, con i problemi normali costruiti su una scala di valori rovesciata. E' solo perché precipito verso il basso che poi posso risalire, che guardo con quell'occhio gonfio la parte del mondo che riesco a vedere, dal basso. Da un punto di vista preferito a quello tradizionale. La testa si svuota, picchia terra perché precipita.
Faccio un viaggio e mi ritrovo intrappolata, caduta nei pensieri comuni, con quella buca che mi ha trascinato nella parte più profonda. Con quelle parole che si sono attaccate mentre scivolavo e che mi hanno resto diversa.
Enorme in uno spazio piccolo, in una porzione del mondo ricercata ma già piccola per definizione. Con una mano che spinge per scappare da quella normalità di tendine e muri bianchi, con un piede che corre e inciampa perché l'altro resta fermo.
Arrancante nella voglia di rimanere inerte, immobile, di lasciarsi scivolare addosso la vecchiaia e lo scorrere del tempo, la sensazione per cui tutto continuerà a girare anche se lui sta fermo. Di non essere così indispensabile per tutte le altre porzioni del mondo che ora gli chiedono, perché?
Perché stai fermo? Perché se ti muovi lo fai? Perché scegli quella direzione?
Voci giudicanti dallo sguardo strabico che ridacchiano delle scelte razionali o meno, verso le quali ho un orecchio tappato e uno no. Uno che vorrebbe chiudersi e uno che ascolta con assoluta attenzione ogni forma di possibile accettazione, ogni forma di possibile ingresso all'immobilità che tanto hai desiderato.
Un passaggio segreto in un albero che porta ad una vita già prestabilita, insidiata da pratiche comuni che mal sopporto. Condivise da chi mi osserva mentre faccio quello che loro si aspettano, processata per aver commesso un errore. Errore per la loro strada dritta e pulita? Aver lasciato impronte colorate e tele distrutte su un percorso che ha solo alberi, con facce nascoste e cupe come quelle da cui sono scappata prima.
Faccio un viaggio tra grida autorevoli, tra mancanza di grandi traumi, tra sgridate comuni a chiunque corra in maniera disarticolata, a chi non vuole altro che scappare dalle mille voci che dicono cosa fare.
Da chi dice di fare questo viaggio lungo e complesso e poi ti riporta a sé senza volerti uguale a prima.

Faccio un viaggio senza la volontà di concluderlo, con il desiderio di restarci intrappolata per sempre, con griglie di pensieri che vedo familiari, consolatori, che sembrano intrecciati a spirali senza fine a chi li osserva dall'esterno, a chi pretende di trovare un inizio per arrivare ad una conclusione che non esiste. Un'autocelebrazione della propria condizione, una spirale che chiude la vita da dove è partita, dall'assenza di sensi, dal dolore profondo della schiena rotta, schiacciata dalla cattiva comprensione di un sentimento così personale.
Faccio un viaggio e corro mentre i pensieri mi vengono addosso, cercano di schiacciarmi, di entrarmi dentro come un moscerino che non esce, scivolo sull'asfalto, frano e mi rialzo solo dopo pochi secondi, solo dopo aver avuto il tempo di esaminare dall'esterno la posizione del mio corpo, la luce che batte sulla spalla ferita e livida.
Mi rialzo e corro per arrivare alla fine di un viaggio pagato caro, con l'ausilio di un solo pensiero. La corsa sulla strada lastricata di vuoto.
Faccio un viaggio e mi sveglio e sono uguale a prima, con la stessa razionalità che mi porta a dire che non ne ho bisogno di viaggi del genere, per conoscere una porzione di mondo interna a me stessa, perché il mondo è grande e si dovrebbe vederlo tutto al posto che fare viaggi dentro se stessi che poco servono a chi è rimasto per tutto il tempo su quell'albero a dormire.

lunedì 3 settembre 2007

SEI VITTIMA O CARNEFICE?

1. Quale contributors di questo blog preferisci?
a. la regina delle vittime Chloe
b. l'allieva vittima Jamie
c. la carnefice dal cuore granitico Lauren

2. Il tuo ragazzo/a ti tratta male, cosa fai?
a. lo tratto male di conseguenza
b. cerco di capire perchè e provo a parlare con lui
c. sopporto, in fondo anche gli insulti sono una forma d'amore

3. Tua madre ti vuole portare dall'analista, come reagisci?
a. ci vado ma non mi fa piacere
b. bene, era ora di avere qualcuno con cui fare due chiacchiere
c. male, e continuo a ribadire per giorni che non ci voglio andare

4. Il tuo ex ragazzo dopo 5 anni si rifà vivo, cosa fai?
a. niente, ormai mi sono rifatta una vita, non mi interessa più
b. gli corro incontro offrendogli tutto il mio amore che ho conservato per 5 anni solo per lui
c. gli rispondo ma non mi aspetto nulla, ormai non soffro più per lui

5. Quale animale preferisci?
a. il tenero micetto dagli occhi verdi
b. l'orsetto Knut ma solo per i primi 4 mesi perchè poi cresce
c. la pantera che si sta ingoiando un'antilope intera

6. Il tuo ragazzo ti ha tradito, l'hai scoperto, come reagisci?
a. lo mando a quel paese e faccio la stessa cosa che ha fatto lui
b. niente, sarà stata una cosa di una volta sola
c. mi arrabbio e poi cerco di risolvere il problema

7. Quale cibo preferisci?
a. una sana insalata
b. il petto di pollo senza sapore
c. una bistecca al sangue con del vino rosso

8. Il tuo migliore amico parte per andare in un'altra città, come reagisci?
a. all'inizio sto male ma poi capisco che è per la sua felicità e inizio ad essere contenta per lui
b. penso che nessuno mi vuole bene e comincio a chiudermi in me stessa
c. organizzo una festa e penso alla prima volta che potrò andare a casa sua senza pagare

9. Un ragazzo che hai visto per cinque secondi ti lascia il suo numero di telefono, cosa fai?
a. aspetto un bel pò di giorni e poi gli mando un messaggio ma con molta calma
b. gli mando un messaggio, lo richiamo e lo invito a casa mia
c. butto via il numero, tanto chissà a quante lo ha dato

10. Non riesci a portare a termine un compito che ti è stato assegnato, come reagisci?
a. la prendo come una sconfitta personale e penso che non sono all'altezza per fare niente di buono
b. all'inzio ci resto male ma poi reagisco e ricomincio da capo con nuova energia
c. non ci penso e passo al compito successivo

11. Quando pensi al tuo futuro quale delle seguenti frasi trovi più adeguata per descriverlo?
a. una carriera universitaria completa e lineare e un lavoro di ufficio che odio e che schiaccia la mia creatività
b. una serie di lavori e una serie di uomini e una serie di percorsi di studio
c. un corso di studio pratico che mi permetta di svolgere un lavoro di responsabilità e una famiglia a cui pensare

12. Quale film preferisci?
a. Strade perdute
b. Taxi driver
c. Via col vento



Da 0 a 20 punti
PROFILO CHLOE BYRNES
Sei sulla buona strada per vincere il premio vittima dell'anno. Se continui così ti sentirai inadeguato a stare anche con il tuo gatto.

Cose che eccitano Chloe: un cd di Sinead O’Connor, candele di cera d’api, la mia colonia, una bugia. Sotto il profumo di cocco i suoi capelli odorano di ginepro, forse addirittura di salice, Chloe dorme dalla sua parte e sogna esposimetri che le lampeggiano a pochi centimetri dalla faccia, sogna di correre nuda su una spiaggia ghiacciata fingendo che sia estate, di sedere sotto una palma grondante ragni nel Borneo, di scendere da un volo notturno, di percorrere silenziosamente un altro tappeto rosso, sogna i paparazzi in agguato, la Miramax che continua a telefonare, un sogno dentro il sogno di seicento interviste che si trasformano in incubi a base di sabbie bianche nel sud del Pacifico, tramonti sul Mediterraneo, Alpi francesi, Milano, Parigi, Tokio, onde gelide, giornali rosa di paesi stranieri, pile di riviste con la sua faccia perfetta in primissimo piano e ultraerografata, e non riesco a prendere sonno perché una frase del profilo di Chloe su “Vanity Fair”, opera di Kevin Sessums, si rifiuta di lasciarmi: “ Anche se non l’abbiamo mai incontrata prima, ha un’aria misteriosamente familiare, come se la conoscessimo da sempre.

Da 21 a 40 punti
PROFILO JAMIE FIELDS
Sei come la virtù che sta sempre nel mezzo. Alterni momenti di vittimismo a rapide riprese del tuo amor proprio e consapevolezza delle tue reali capacità.

Chi guardasse Jamie Fields in questo momento si renderebbe conto che sta ridendo come se si sentisse sollevata, benché circondata da teste e braccia e gambe staccate dai corpi, ma si tratta di arti e brandelli di polistirolo, e dopo un po’ quelli della troupe cominceranno a raccoglierli.


Da 41 a 60 punti
PROFILO LAUREN HYNDE
Il tuo cuore granitico non è scalfito dalla minima tenerezza. Preferisci mangiare la preda quando è ancora calda e con il sangue che sgorga ancora dalla carne.

Non so perché vado a letto con Franklin. Forse perché piace a Judy, o forse è solo perché capita ogni tanto. Forse perché è alto e ha i capelli scuri e mi ricorda Victor. Forse perché siamo ad un party di domenica sera ed è buio e mi annoio e cosa potrei fare alla Booth?
Dovrei capire. Forse perché Judy è andata al cinema a Manchester. Non lo so. Forse perché quando ho chiesto a un tipo di L.A. di cenare come dopo il corso di poesia al Beverage Center, lui non si è fatto vedere, e quando più tardi l’ho visto alla Booth mi ha detto che aveva capito Beverly Center. Forse perché lui è…lì. Ma non è l’unico. C’è il dolce ragazzo francese che viene da me e mi dice che mi ama. Ma anche lui mi fa venire in mente che forse dovrei andare in Europa a cercare Victor e riportarlo a casa. Ma cosa risolverebbe? Parliamo, Franklin e io. Ma non di molto. Alcuni tizi di Dartmouth fantastici ma totalmente insulsi si intrufolano nel party (come fai a dire che sono di Dartmouth?, chiede Franklin. Sono vestiti di verde, spiego. Franklin annuisce colpito, e si chiede quale sia il colore della nostra scuola. Facile, credo. Nero). Spero davvero (ma non davvero) che torni Judy così finirò per non farlo.



Non vale dire che siete finiti tutti nel profilo Lauren che è quello sicuramente più interessante, perché chiunque vorrebbe essere carnefice ma siamo tutti vittime. Di più o di meno.
Alle care amichette vorrei dire di non prendersela. A Jamie in particolare, che mi spiace se non vuole più scrivere nel blog ma che non credo si tratti di vittimismo. Rispetto la decisione anche se con rammarico e soprattutto mi piacerebbe che qui dentro nessuno si sentisse mai inadeguato o non portatore di un valore aggiunto al blog.
Chi scrive, chi commenta e chi legge.
Alla fine sono solo parole in rete, niente di più. Se smettiamo di credere che questo sia un posto in cui scrivere ciò che vogliamo senza doverlo controllare o correggere o considerarlo noioso, allora ha perso la sua funzione. Personalmente non me ne frega niente di essere letta da 2500 contatti sconosciuti o di avere una lista di amici invisibili e lontani, di scrivere bene o di scegliere i vocaboli giusti. Scrivo per me, per raccontare una cosa che mi è successa o un pensiero. Senza dover correggere, rileggere o pensare a che parola vada meglio al posto di un’altra, con la naturalità di una scrittura fatta solo perché ne sento l’esigenza, senza fini pratici o scopi.

Non c’è niente di noioso o fuori luogo in una scrittura del genere.

domenica 2 settembre 2007

VORREI SOGNARE DI DORMIRE

Oggi ho sognato che ero nel 1997.
Avevo 15 anni ed ero ad Hide Prak ad un concerto dei Radiohead.
Credo fossero i Radiohead ma non ne sono sicura, perché sicuramente c'era Thom Yorke che cantava ma mi pare di aver visto su uno dei lati un tipo che assomigliava un sacco a Jimi Hendrix. Almeno credo gli assomigliasse. Comunque era uno con una chitarra, nero e con dei gran capelli sulla testa.
Thom Yorke cantava e io ero accanto alla mia amica Giada, che ora è in Turchia. L'ho sognata, sicuramente perché mi ha mandato una mail in cui mi dice un sacco di cose strappalacrime, che mi vuole bene e robe del genere e le ho trovate un po’ fuori luogo. Però ho trattenuto la mia stronzaggine e ho risposto bene. Per dire che non sono così cinica e indisponente.
La mia amica Giada era di fianco a me e continuava a dire che non sapeva chi era il tipo che assomigliava a Jimi Hendrix, che secondo me alla fine del sogno non doveva essere veramente lui perché era parecchio grasso e Jimi Hendrix era magro, almeno io me lo ricordo magro.
Lei non sapeva chi era e io le ho detto: vabbè tu non sai nemmeno chi è Andy Warhol.
E nella realtà, non nella realtà del sogno, nella vita vera intendo, lei non sa veramente chi è Andy Warhol, roba che potrebbe anche rispondere: - chi? Quel tipo con i capelli bianchi che sta in foto nel negozio di Fiorucci?
E comunque. Ad un certo punto Thom Yorke continuava a fissarci ed era tutto un po’ annebbiato in quel momento del mio racconto mentale e non si capiva bene che canzone stesse suonando, io pensavo No surprises ma si agitava troppo per suonare quella canzone. Quindi ne ho dedotto che, o non stava suonando quella canzone, o era clamorosamente fuori tempo.
Ci guardava con insistenza mentre avevamo un sacco di gente senza volto accanto e io non capivo bene chi stesse guardando, perché a pensarci Tom Yorke ha uno sguardo un po’ incasinato.
La mia amica che è la regina dell'invidia ha detto: - hai visto? Guarda me.
E io ho detto: - boh, non capisco bene.
Allora mi sono girata indietro, perchè anche nella realtà mi piace girarmi ai concerti per vedere quanta gente c'è dietro e in quanti potenzialmente ti potrebbero schiacciare.
E dietro di me c'era Jim Morrison.
Jim è decisamente meglio di quel lagnoso di Thom.
Prima di tutto è molto più bello e ha scritto canzoni migliori e poi è morto, una qualità che nel sogno lo rende decisamente migliore rispetto a uno che ancora è vivo.
Allora io sono andata via con Jim e mentre stavamo uscendo dalla folla del concerto ho visto che Thom aveva spostato il suo sguardo incasinato verso sinistra. Quindi ne ho dedotto che stesse proprio guardando me.
Io e Jim siamo andati in un posto fuori Hide Park e abbiamo mangiato un gelato alla fragola.
E poi lui ha detto che doveva tornare a casa ed è andato via.
Mi sono svegliata.

Il quesito è:
Lo racconto allo strizza questo bel sogno? Non è che la prende male e mi dice che sono una fissata con i cantanti e che devo pensare solo ai ragazzi reali e della mia età?
Perché potrebbe benissimo succedere che mi dica una cosa del genere.
Magari interpreta il sogno e mi dà un paio di numeri da giocare al lotto, poi vinco, divento ricca e organizzo un concerto privato con Thom Yorke, il sosia grasso di Jimi Hendrix e Val Kilmer che fa Jim Morisson.
Perchè potrebbe benissimo succedere.E poi visto che ormai sono ricca e pazza voglio anche il sosia grasso di Elvis (più grasso di Elvis grasso) che canta Love me tender che mi piace un sacco.

sabato 1 settembre 2007

Sia lode ad Alberto Fortis per questa [ed altre]

Ahi settembre mi dirai
quanti amori porterai

le vendemmie che faro',
ahi settembre tornero'.

Sono pronto e tocca a me,
l'aria fresca soffiera'
l'armatura non l'avro',
ahi settembre partiro'.

Mentre il giorno sparisce primavera verra'

sara' dolce e nervosa ma non mi scappera'

saliro' sul battello e non la fuggiro'
saro' avvolto per sempre e la bacero'
e i suoi lunghi capelli non li rivedro' piu'
ahi settembre lontano, dalle un bac
io per me.
La tempesta di neve non mi sorprendera'
ahi settembre che sara'.
Lascio tutto a te,
dille del mio amore

dille che se puo'
io potro' aspe
ttare l'accompagnero',
dentro il mio giardino
sempre la terro',
da vicino, sempre, sempre.
Ed un giorno mi disse
entra ti aspettero'

ma il nemico da sempre si cattura cosi'

apri bene la porta, fallo entrare da te

lei l'ha fatto settembre, lei l'ha fatto con me

e se nella tua testa un rasoio terra'

tagliera' i miei pensieri come e quando vorra'
usera' i suoi capelli, io la pettinero'
e prima che sia settembre il mio sangue daro'.
lascio tutto a te....


Lo so, lo so.
Non stan bene i post di canzoni.
Ma è per festeggiare. Siate comprensive.
Buon Settembre a tutti.